Botta e risposta - 2 -

2022-10-27 11:00:49 By : Ms. Louise Liu

Risposta al Collegio Guide Alpine Liguria di Riccardo Innocenti

Al Presidente del Collegio Guide Alpine Liguria, Lorenzo Cavanna c/o Sede Comunale, Via Pertica,29 – 17024 Finale Ligure (SV) collegioguidealpineliguria@pec-legal.it

Al Presidente del Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane Martino Peterlongo Via E. Petrella, 19 20124 Milano segreteria@guidealpine. it guidealpine@mypec .eu

ASD Pennavalley pennavalley@gmail .com

Riferimento A (vedi parte 1 del presente post): lettera del Collegio Regionale Guide Alpine Liguria Prot. Int. N.198_22 del 16 marzo 2022 con oggetto: Vs proposta di accompagnamento in affidamento – esperienza di arrampicata su roccia rivolta ai vostri associati – diffida.

Egregi Signori, con la lettera in riferimento A) il Presidente pro tempore del Collegio Regionale Guide Alpine Liguria ha espresso una serie di considerazioni sulle attività associative della ASD Pennavalley.

Le considerazioni espresse non sono condivisibili.

Per una corretta comprensione della tematica vi prego di tenere presente le considerazioni che seguono.

Premetto che l’ASD Pennavalley è regolarmente costituita nelle forme di legge ed è iscritta nel registro nazionale del CONI per il tramite dell’Unione Sportiva ACLI quale Ente Nazionale di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI (Allegato n. 1 certificato di iscrizione nel Registro Nazionale del CONI).

Con provvedimento del 14 febbraio 2017 il CONI ha aggiornato l’elenco degli sport di propria competenza ed in particolare delle Elenco delle discipline sportive ammissibili per l’iscrizione al Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche (1) (Allegato n. 2).

L’elenco permette di individuare le discipline sportive che il CONI ritiene di sua esclusiva competenza nonché di attribuire dei codici univoci che ne permettono l’identificazione al fine dell’iscrizione delle ASD/SSD nel Registro Nazionale del CONI. “Il Registro è lo strumento che il Consiglio Nazionale del CONI ha istituito per confermare definitivamente ‘il riconoscimento ai fini sportivi’ alle associazioni/società sportive dilettantistiche, già affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate ed agli Enti di Promozione Sportiva.

Le associazioni/società iscritte al Registro saranno inserite nell’elenco che il CONI, ogni anno, deve trasmettere ai sensi della normativa vigente, al Ministero delle Finanze – Agenzia delle Entrate ” (2).

Tra le oltre 380 discipline incluse nell’elenco figurano:

– L’Alpinismo (Skyrunning) id. AB002

– La corsa in montagna id. AF003

– L’Arrampicata Sportiva su roccia (Boulder, Lead) id. AD002

– L’Arrampicata Sportiva su strutture artificiali (Boulder, Speed, Lead) id. AD003

– La Mountain Bike id. AX008

L’ASD Pennavalley, nell’iscrizione al Registro Nazionale del CONI ha dichiarato di svolgere quale attività associativa le predette discipline sportive. In particolare l’Arrampicata Sportiva su roccia (Boulder, Lead) codice identificativo CONI AD002.

L’ASD Pennavalley ha fatto partecipare suoi soci ai regolari percorsi formativi che questo Ente Nazionale di Promozione Sportiva ha organizzato per la qualificazione di tecnici nazionali riconosciuti dal CONI. Alcuni soci della ASD Pennavalley hanno concluso positivamente il corso per Istruttori/Tecnici Nazionali di Arrampicata Sportiva e risultano regolarmente iscritti nell’Albo Nazionale di questo Ente.

Gli Istruttori/Tecnici Nazionali regolarmente iscritti all’Albo Nazionale di questo Ente possono operare all’interno delle realtà sportive che risultano essere regolarmente iscritte nel Registro Nazionale delle Associazioni e Società sportive dilettantistiche del CONI – attraverso l’USacli – e che abbiano indicata come attività, all’interno del registro, una delle discipline seguite dalla USN Sport di Montagna. Gli istruttori in possesso di regolare titolo abilitativo che operano presso ASD e SSD, regolarmente iscritte nel Registro nazionale del CONI, possono godere dei benefici previsti dalle norme agevolative dell’art. 67 del TUIR e percepire fino a 10.000,00 euro annui nel regime fiscale più favorevole previsto per lo sport dilettantistico.

Le attività della ASD Pennavalley sono rivolte esclusivamente ai soci e rispettano tutte le norme vigenti in tema di svolgimento delle attività sociali e quelle del diritto sportivo in tema di promozione sportiva.

La promozione dello sport è il fine primario dell’USacli, quale Ente Nazionale di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI.

La promozione degli sport è il motivo per cui sono stati indette le attività sportiva oggetto della diffida in riferimento A). L’attività di arrampicata sportiva su roccia è pienamente legittimata dall’appartenenza al sistema sportivo che fa riferimento al CONI.

Codesto Collegio, nel formulare le proprie considerazioni, non ha tenuto assolutamente in conto che le Guide Alpine e gli Istruttori/Tecnici nazionali riferibili al CONI sono regolati, e tutelati, da due discipline completamente diverse che hanno piena legittimità di coesistenza reciproca.

Le norme che regolano e tutelano la professione di Guida Alpina appartengono alle norme a tutela delle professioni “turistiche”. Le norme che regolano e tutelano gli Istruttori/Tecnici nazionali fanno parte del diritto “sportivo”.

Per un’analisi approfondita sulla differenza tra i due ambiti giuridici assai diversi, ma pienamente legittimi nella propria diversità, vi rimando alla lettura del “parere proveritate” dell’Avv. Antonella Loconte (Allegato n. 3).

Il parere conferma la piena legittimità della ASD Pennavalley, inserita nell’organigramma al pari di altre molteplici discipline sportive, nell’EPS USacli riconosciuto e legittimato dal CONI e dal diritto sportivo Italiano  (3).

Il mondo dello Sport è regolato e tutelato da leggi chiare. Il complesso normativo regola tutti gli sport e quindi anche quelli della montagna, in quanto ricompresi tra quelli nell’Allegato n. 2. Gli sport della montagna sono, sia ontologicamente che lessicalmente, completamente diversi dalle professioni turistiche che si svolgono in montagna.

Due ambiti e due corpi normativi diversi.

Questo Ente aveva già interessato il Collegio Nazionale Guide alpine Italiane con la lettera in Allegato n. 4: relativa a considerazioni simili espresse dal Collegio regionale Guide Alpine Piemonte. A questo documento si rimanda per ogni ulteriore considerazione da noi già svolta.

In relazione alla lettera in riferimento A) si rileva e si precisa che:

– la qualificazione di un reato penale spetta alla Magistratura e non al Presidente di un Collegio Regionale delle Guide Alpine;

– a fronte di numerose denunce penali che i Collegi nazionali e/o regionali delle Guide Alpine hanno proposto nel tempo si annovera una sola condanna, con reato peraltro successivamente caduto in prescrizione e riferita ad un episodio del 2004 non tutelato dalle norme del diritto sportivo, mentre tutte le altre denunce risultano archiviate.

– ogni ulteriore interferenza nell’attività sociale della ASD Pennavalley e, in genere, di tutte le ASD affiliate alla US ACLI, tramite comunicazioni infondate come quella di cui in oggetto, sarà ritenuta lesiva della dignità delle associazioni e di questo Ente Nazionale di Promozione Sportiva.

Si auspica, pertanto, la ripresa di un corretto comportamento da parte di Codesto Collegio Regionale nella ferma convinzione che gli ambiti di azione delle Guide Alpine (tutelati dalla legislazione turistica) e delle Associazioni e Società Sportive riferibili al CONI (tutelati dalla legislazione sportiva) sono diversi e la vostra pretesa di svolgere in esclusiva alcune attività è del tutto infondata.

Il Responsabile della USN Montagna Riccardo Innocenti

Note (1) L’elenco delle Discipline è consultabile al link: urly.it/3my-3

(2) Tratto dal sito https://www.coni.it/it/registro-societa-sportive.html

(3) https://www.usacli.it/discipline/

Monaco, l’hai presa da 100 scalate su ghiaccio di Grassi?  Che via dev’essere..sicuramente su una via così non fai le soste da manuale cai..

no. da ”Arrampicare in Piolet-Traction”, di Renzo Quagliotto meno leggendario come libro, ma lo ho consumato sfogliandolo al cesso. tante vie che mi hanno fatto sognare, alcune vissute. questa no. come scusa (del climber) posso addurre il fatto che dopo qualche avventura al sole sono diventato fotofobico. a volermela tirare ti direi che son diventato ”un rude uomo da parete nord”. ma la dura realta’ e’ che soffro i pendiazzi, e nel caso della Cascata del Freney, la ratio pendiazzi/tiri e’ troppo alta per un pigro scalatore da cemento ?  

Ah c’è una Bonatti Zappelli?

Monaco, l’hai presa da 100 scalate su ghiaccio di Grassi?  Che via dev’essere..sicuramente su una via così non fai le soste da manuale cai..  

“Per questa via e’ necessario puntualizzare quanto segue: – e’ una delle piu’ difficili vie di ghiaccio aperte nel gruppo del Monte Bianco, e’ un po’ meno difficile dell’Ipercouloir alle Grandes Jorasses, di G. C. Grassi et G. Comino. – Per la verticalita’, per l’esposizione al sole (sud-est), per l’alta quota, per il lunghissimo percorso di avvicinamento e la impossibilita’ di fuga in caso di cattivo tempo, sono necessarie per intraprendere questa salita, non soltanto buone ma ottime condizioni ambientali e fisiche. Si tratta della cascata di ghiaccio a quota piu’ alta di tutte le Alpi (forti pericoli oggettivi).   N.B. i primi salitori, partiti a mezzanotte dal bivacco Ghiglione, salivano al colle di Peuterey alle luci dell’alba, alle ore 4 attaccavano il canalone; alle 17 erano in vetta al Monte Bianco e, velocissimi, scendevano al rifugio Gonella per il meritato riposo. ”   chissa se fa sognare piu’ questo o l “‘impostazione culturale” del Crovella…

Metto li il 225 esimo commento: Esistono i cannibali (alla Crovella), esistono i caiani (e lo dico da socio), esistono le GA simpatiche e quelle stronze. Adesso per monti troveremo anche le ASD, che dire, siamo sempre più numerosi!!!!!  

Ah c’è una Bonatti Zappelli?

comunque la Cascata del Freney sta alla sua destra.

esatto. e ancora più a destra ci sta la parete dove sale la diretta Bonatti-Zappelli. Ho la sensazione che il pilone Gervasutti-Bollini sia più orientato verso est che a nord.

Hai ragione Monaco, ho invertito.  Sì, credo anche io che l’Esimio Conferenziere abbia al più fatto la Gervasutti in Sbarua, con gli spit peraltro..

comunque la Cascata del Freney sta alla sua destra. alla sinistra ci sta Freneysie Pascale o usi destro e sinistro come orografici, desueta moda franzoseggiante ? che sicuramente piacera’ al nostro esimio conferenziere tuttofare (piu’ tuttociarlare, che mi sa che di vie del Giusto manco una ne ha fatta…)

L’esposizione è Sud-est, però è quello più a nord tra i Piloni

Si quello che fece con Paolo Bollini della Predosa, a dx della Gran Cascata del Freney di Grassi Bernardi 

dalla conquista della parete nord delle Grandes Jorasse al Pilone nord del Freney, sul Monte Bianco,

siamo sicuri che sia il Pilone “NORD” del Freney  ???

Mi sono informato..in effetti trovare qualcuno che parlasse di Gervasutti alle 11 del mattino di un giorno feriale non deve essere stato semplice.. impressionante 

:))) me la sto ridendo come se non ci fosse un domani…

Vedremo. Per intanto leggi questa, risale a pochi giorni fa (7/4/22). E’ una delle innumerevoli occasioni in cui mi invitano come esperto di montagna. Ti è mai capitato? Forse perché non sei un esperto di montagna né di alpinismo. Il giorno in cui tu avrai anche solo un milionesimo delle interviste, delle conferenze, dei vari eventi cui vengo regolarmente invitato, potrai rivolgermi adeguatamente la parola. Sciacquati prima la bocca, però.   (il neretto nel testo è aggiunto da me per consentire allo stordito di turno – Teo nella fattispecie – di identificarmi con facilità)   COMUNICATO STAMPA DEL COMUNE DI TORINO UNA TARGA AL MONTE DEI CAPPUCCINI, IN RICORDO DEL “FORTISSIMO” GIUSTO GERVASUTTI Una targa dedicata all’alpinista Giusto Gervasutti è stata scoperta, questa mattina, presso la balconata del Monte dei Cappuccini, nei pressi del museo Nazionale della Montagna.A ricordare “Il fortissimo”, la presidente del Consiglio Comunale, Maria Grazia Grippo che ne ha ricordato il legame con Torino, nonostante le origini friulane. Nacque infatti ad Udine nel 1909 ma si trasferì a Torino affascinato dalle Alpi occidentali.Grippo ha sottolineato come il leggendario Gervasutti abbia trasmesso alcuni insegnamenti come “l’invito a lasciare ai giovani il piacere della scoperta, lo sprone a osare sempre, a pretendere il massimo da se stessi e raccogliere sfide sempre nuove. Sono elementi che rappresentano un buon viatico per un atleta ma anche per chi si affaccia al mondo con il suo carico di ambizioni tutte ancora da realizzare. La salita in montagna, ha evidenziato, rappresenta una metafora di crescita e di realizzazione, nella cornice della quale Gervasutti volle mettere a disposizione strumenti, tecnica, conoscenza e saggezza ma anche generosità d’animo”.Fulvio Scotto, presidente del gruppo occidentale del Club Alpino Accademico italiano ha ripercorso le imprese di Gervasutti, dalla conquista della parete nord delle Grandes Jorasse al Pilone nord del Freney, sul Monte Bianco, il Picco Gugliermina, la parete est delle Jorasses e la nord ovest dell’Ailefroide.Gli incontri con gli intellettuali torinesi, anch’essi appassionati di montagna, come Massimo Mila o Renato Chabod, sono stati illustrati dall’alpinista e scrittore Carlo Crovella.La direttrice del Museo della Montagna, Daniela Berta ha sottolineato come Gervasutti sia stato una delle figure che maggiormente ha contribuito a costruire l’immagine di Torino come capitale delle Alpi.Il presidente della Circoscrizione 8, Massimiliano Miano, ha portato il saluto della Circoscrizione sottolineando come la presenza della targa, in questo territorio, rappresenti un ulteriore elemento di storia e cultura in un territorio ricco di musei

E a supporto di ciò, ti ricordo, Crovella, che a volte, in montagna, la soluzione al problema non c’è. E talvolta bisogna tirar giù le doppie e ritirarsi..

Parlapà come si dice a Torino, “lei non sa chi sono io”! Puoi aver scritto anche 100 libri e 1000 articoli, ma sei e continui a essere solo  un teorico della montagna.

@208 evidente che non conosci  proprio niente della mia storia, specie di montagna e di didattica della montagna, altrimenti non diresti queste cose. Vatti a leggere le migliaia di miei articoli e commenti, pubblicati anche (ma non solo) su questo blog, nonché i libri e quant’altro, per constatare che ho curato la crescita, anche e soprattutto motivazionale, di centinaia di allievi (ovvio, in collaborazione con gli altri istruttori della mia scuola). In particolare sono noto e apprezzato proprio perché curo moltissimo la formazione della mentalità nella testa degli allievi, molti dei quali sono successivamente diventati più forti di me. Tutti mi portano riconoscenza infinita anche a distanza di decenni.   Per quanto riguarda la strategia per chiarire il problema primario di cui a questo articolo, stai tranquillo che, quando io entro nella logica di “spianare il terreno”, un modo o l’altro prima o poi l’ho sempre trovato. Non sarà l’Ufficio Legale del CAI Centrale a darmi una risposta di mia soddisfazione? Non c’è problema: ho già in testa almeno altre due o tre strategie. Ma prima o poi il canale giusto che mi fa arrivare all’obiettivo, lo trovo. Faccio sempre così, nella vita. In questo, devo dire, che la forma mentis allenata dalla montagna mi è sempre stata molto utile. L’andar in montagna propone dei “problemi” (il più banale: dove passare?) e ti allena mentalmente a trovare le soluzioni. Non entra la prima soluzione? Cercane un’altra e poi un’altra ancora fino a quando arrivi all’obiettivo. quindi stai certo che non demordo. Potrà volerci del tempo, questo sì. ma prima o poi farò chiarezza sul tema.

:)) ma per ora mi ha solo fatto il solletico…:)

Teo, ti avverto che dai suoi colleghi Crovella è soprannominato Caterpillar (o qualcosa del genere). 

:))))) testa sregolata mi piace tantissimo! Ho sempre avuto una speciale ammirazione per i folli. Quindi ti ringrazio, in primis, del complimento. Passando oltre al tuo comportamento sempre più democristiano anni 80 “lei non sa chi sono io!”, ti cito ciò che tu hai scritto: ha lo scopo di promuovere e favorire lo sviluppo dell’Alpinismo, dello Scialpinismo e dell’Arrampicata in tutti i loro aspetti tecnici e culturali proprio quello che tu non fai, come si desume dalle tue parole e modi di intendere l’insegnamento. E questo sai perchè? Perchè non hai fatto davvero alpinismo con la A maiuscola, e ti manca la componente affiliativa. Credi che sapere andare in montagna e trasmettere e promuovere questa cosa, voglia dire conoscere a memoria il manuale CAI sui nodi.  Come dice il detto “Chi sa fa, chi non sa insegna”. Ciao ciao

Vedi che non sia con chi stai parlando? Nè conosci cos faccia il CAI com,e sodalizio completo e, nello specifico, come modello didattico. Per informarti ti copio qui (l’ho già fatto alcuni giorni fa, ma si vede che sei una testa sregolata) la descrizione della Commissione Nazionale Scuole del CAI   Commissione Nazionale Scuole Alpinismo Scialpinismo Arrampicata libera   La Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Scialpinismo (http://www.cnsasa.it), istituita nel 1937, ha lo scopo di promuovere e favorire lo sviluppo dell’Alpinismo, dello Scialpinismo e dell’Arrampicata in tutti i loro aspetti tecnici e culturali, con particolare attenzione ai problemi della prevenzione degli infortuni. Nell’ambito delle finalità statutarie del Sodalizio e in accordo con gli indirizzi programmatici del Comitato Centrale di Indirizzo e di Controllo, la Commissione orienta, coordina, uniforma e controlla l’attività pratica e didattica delle Scuole di Alpinismo e Scialpinismo e Arrampicata del Club alpino italiano. Controlla l’attività e cura la formazione e l’aggiornamento degli Istruttori di Alpinismo, Scialpinismo e Arrampicata Libera del Club alpino italiano. Indirizza tecnicamente e moralmente l’attività Alpinistica, Scialpinistica e di Arrampicata Libera delle Sezioni e dei singoli Soci. QUESTO FACCIAMO. ADESSO TI E’ CHIARO? 

Crovella mi sembri il Marchese del Grillo “io so io e voi non siete un cazzo” ? però inizio a preoccuparmi che tu effettivamente comprenda le cose. Ma secondo te pensi davvero che un corso di alpinismo potrebbe andare a fare l’Integrale?? Ammesso che tu sappia dov’è..Il problema è che quelli che la pensano come te formano degli alpinisti che sono e saranno solamente sempre dei mediocri. Sarà dal 1968 che frequenti il CAI ma la montagna e l’alpinismo che conosci è probabilmente solamente quella che leggi su Montagne 360. Comunque tienici aggiornati su cosa ti dice l’ufficio legale CAI, siamo trepidanti..

@ 203 ti suggerisco di informarti sulle persone con le quali ti interfacci, altrimenti fai davvero figure ridicole, evidentemente sei troppo fuori dal mondo, specie quello CAI.   Chiaro che non basta insegnare le manovrine, questo è uno dei due lati della medaglia, l’altro è quello ideologico-culturale di creazione (nella testa di ciascun allievo) della corretta forma mentis, della giusta cultura di montagna e della motivazione affinché ciascun allievo faccia il tipo di montagna più consono con i suoi “talenti”. Anche sull’esempio della Peuterey sei completamente fuori strada, a dimostrazione che non conosci un fico secco di che cosa sia il CAI, per cui parli a sproposito.   Ti ho già detto mille volte che NON è obiettivo istituzionale del CAI né percorrere la Peuterey in uscite istituzionale né preparare allievi perché la facciano in loro uscite private.  Non siamo la squadra corse di F1, siamo una produzione di serie di “tranquille” berline. Ciò non toglie che se un istruttore o un allievo abbiano i giusti talenti possano andare a fare la Peuterey, ma cmq solo come uscita privata.   Per quanto riguarda l’Ufficio Legale anche qui sei completamente fuori strada e sei pure ridicolo. Non sai nulla del CAI, hai un minestrone in testa su cosa siamo e cosa possiamo e/o vogliamo fare come sodalizio e… ti metti a sentenziare su cosa dobbiamo fare??? Stiamo a vedere, ma vedrai che se uno o più soci iniziano -su questo tema –  a mordere le chiappe dei vertici nazionali… la situazione prima o poi si muoverà…

Comunque Crovella, consiglio pasquale di redenzione, evita di farti figure, per farti dire dall’ufficio legale del CAI di farti furbo, te lo diciamo noi in questa stretta cerchia di amici al bar..

Crovella, stai rasentando il ridicolo. Ormai i tuoi non sono più scritti, ma deliri in piena regola. A partire dal fatto che un istruttore CAI ha una preparazione analoga a quella delle guide alpine. A continuare confondendo la difficoltà di una via con l impegno e finendo con il credere che sapere fare la manovrina alla perfezione significhi trasmettere la capacità di andare in montagna ad un allievo. Si vede anni luce che non hai mai fatto una salita con la S maiuscola. Ti vorrei vedere se sull integrale di Peuterey fai le soste da manuale, la percorri in una settimana..ok sapere l ABC ma agli allievi bisogna trasmettergli ben altro.

Su un punto generale concordo. Abbiamo ormai sviuscerato il problema a fondo, in ogni suo risvolto. Non aggiungeremmo nulla e nessuno evidentemente riesce a coinvincere la controparte. Non resta che tagliare la testa al toro.   Dopo il week end di Pasqua contatterò l’Ufficio Legale del CAI per appurare i motivi dell’assenza di azioni in merito. In realtà non sappiamo, magari delle mosse sono già state fatte, solo che il sistema italiano è lento. Oppure può capitare che ai massimi vertici non siano al corrente di questa situazione dell’elenco CONI ecc ecc ecc. Oppure ancora che, pur essendone a conoscenza, preferiscano “non infierire” per quieto vivere, dato che i numeri delle ADS sonmo inezie rispetto alla mole del CAI. I mie amici avvocati dicono sempre (parlando in generale, non solo di montagna) “cane non morde cane”.   Cmq,. a quiestop punto sono curioso anche io di sapere quale sia la posizione ufficiale dei veritici del CAI su questo tema. Tibadisco il problema NON è l’esistenza di corsi organizzati in salòe indoor per la “ginnastica sul cemento”. Quello si sapeva già ed evidentyemente non infastidisce nè il CAI Nè le GA. Ilò problema è se il modello si espande fuori (outdoor). Non mi preoccupo tanto delle sigle già attive, che cmq (vedi commento di poco fda) quyalche preoccupazione a me, “vewcchio” istruttore, la suyscitano già.   Quello di cui mi preoccupo è il seguente tema: se ilò modello si consolida, significa che, in un domani, qualsiasi bischero, solo perché apre una ASD dalla sera alla mattina, possa portare gente a fare scialpinismo o sul Gran Paradiso… (cavandoci pure una remunerazione abusiva…). Non credo proprio che sia coerente con la legge 6/89, per cui occorrerà mettere dei precisi paletti o, addirittura, eradicare il problema alla radice (obbligando il CONI a cancellale ler voci dal suo elenco). Vediamo cosa risponderà l’Ufficio Legale del CAI.   Buona Pasqua a tutti!

@197 sbagli proprio nell’impostazione della domanda perché gli istruttori CAI hanno una preparazione analoga a quella delle GA. Ne abbiamo già parlato e si vede che set proprio di coccio, oltre a non conoscere minimamente il mondo della didattica CAI (mi pare te lo abbia anche contestato qualcun altro, forse Dino).   Ripeto una cosa già detta: stiamo parlando di “preparazione in termini di sicurezza e prevenzione”, non di capacità tecniche personali (cioè se il tipo sa fare solo il V o fa il 6c). E’ compito del Direttore del Corso e, risalendo, di quello della Scuola gestire ogni singola uscita in modo che gli istruttori si muovano su terreni congeniali alle capacità prestazionali di ciascuno. VOGLIO DIRE: SE UN ISTRUTTORE DA V GRADO VA A FARE UNA VIA DI 6C, LA “COLPA” (ANCHE GIURIDICA) E’ DEL DIRETRTRORE DEL COSRO CHE NON LO HA MANDATO SU UNA VIA DI V. A cascata la colpa risale al Direttore della Scuola. Lo stesso per scialpinismo, alpinismo, escursionismo, canyoniong ecc ecc ecc.   Per quanto riguarda la preparazione in termini di prevenzione e sicurezza, metto la mano sul fuoco circa gli istruttori CAI. Anzi secondo me (per esperienza diretta in 40 anni e pèassa di insegnamento) siamo molto più pustuni noi istruttori delle GA nella loro attività privata. Le GA mettono più praticaccia, noi sentiamo il dovere morale sdi applicare sempre la m,anocra alla perfezione come nei manuali. Perché la differenza è la seguente: le GA hanno l’obbligo di evitare guai ai clienti, che poi lo facciano nerl modo “A” o n el modo “B” è irrilevante, l’importante è l’incolumità dei clienti. Per noi istruttori c’è anche una finalità didattica, in ogni istante dell’uscita, per cui se oggi si insegna a fare “A, dobbiamo TUTTI fare “A”. Sennò gli allievi sono disorientati.   (Parentesi: ecco perché un alpinista “forte” non necessariamente è un “forte” istruttore: per fare bene l’istruttore non conta saper fare il 6c, conta avere la “testa” che sto descrivendo). Riprendo il discorso principale. Caro Teo, anche qui sei di coccio, mamma mia: te l’ho già ripetuto migliaia di volte (ecco un motivo per cui non saresti un buon istruttore CAI: noi siamo svegli, non tonti).  La preparazione è assicurata da un modello ormai perfezionato dopo decenni e decenni di progressivi miglioramenti.   Il modello didattico è omogeneo per tutti, vale dal Brennero a Siracusa, tutti vengono testati nello stesso modo, c’è un Commissione Nazionale che gestisce il tutto, tramite la Scuola Centrale e le sedi periferiche. Gli istruttori sono testati sistematicamente, sia quando si presentano ai corsi abilitativi, sia successivamente attraverso periodici aggiornamenti. Le scuole fanno aggiornamenti addirittura annuali ai loro stessi istruttori. Le scuola “pestano” i concetti (coerenti con il modello generale e nazionale)  sugli allievi fino dalla prima lezione teorica. Quindi l’uniformità del modello scende dalla CNSASA, attraverso la Scuola Centrale,  alle Commissioni territoriali e rispettive Scuole territoriali (che gestiscono l’aggiornamento dei titolati di competenza). Questi ultimi provvedono, specie se ricoprono ruoli di Direttore delle singole Scuole )p, sottostanti, di singoli Corsi) a far sì che i propri istruttori siano aggiornati, e questo vale tanto per i titolati che per i Sezionali e gli aiuto istruttori. E ogni scuola aggiorna immediatamente l’insegnamento didattico si suoi allievi. Di conseguenza l’imprimatur è unico –  dal Presidente della CNSASA fino all’ultimo allievino appena iscritto.   In più c’è un discorso di coperture assicurative, che valgono ovviamente solo per la parte civile (la responsabilità penale è personale). Il CAI, per mille motivi, anche numerici (350.000 soci forniscono risorse che garantiscono coperture specifiche per gli istruttori), ha copertura civili abbastanza importanti. Viceversa una ASD con 50 soci che copertura ha? Questo è un discorso aggiuntivo: un conto è la preparazione (un termnini di prevenzione e sicurezza) indiscutibilmente superiore per gli sitruttori CAI, rispetto ai corrispondenti “accompagnatori di altre sigle, e pari a quella delle GA. Un conto è, in caso di malaugurato incidente, quali coperture assicurative possa garantire il CAI rispetto a queste “strutturine” che sono se gusci di noce in balia della tempesta oceasnica.   Come puoi vedere (ammesso che ci arrivi, visto che sei proprio di coccio), tutto ciò prescinde dal saper fare o meno il 6c o il 9z. Non è quindi una questione di prestazione individuale, ma di forma mentis nell’approccio alla montagna. Il grimpeur che fa il 9z sul cemento in una sala indoor non ha per nulla tale impostazione e, se mette piede fuori dalla sala indoor, rischia di fare scemenze. Figuriamoci, poi, se pretende di accompagnare gente a fare scialpinismo o i 4000 su ghiacciaio!!! Mi si ghiaccia il sangue nelle vene a pensare che possano esserci dei “poveretti” che, per ignoranza e ingenuità, pensano che il tal figo, che fa il 9z, li sappia in automatico portare in cima al Gran Paradiso nel massimo della sicurezza…   In virtù di tutto ciò, oltre ad averti dimostrato che gli istruttori CAI hanno una ineccepibile preparazione in termini di prevenzione e sicurezza, credo che il tema delle “sigle” che “accompagnano” gente in montagna sia anche un argomento di cui si deve occupare il CAI, in parallelo al tema della remunerazione che tocca direttamente le GA

Teo mi ha anticipato . Ma… scusate, andarci da soli in montagna…NO ?!?!?! Vi ci vuole qualcuno che vi prenda per la manina e si assuma le responsabilità per voi???

Albert, tuo figlio e compagna hanno soldi da spendere, cosa che un ragazzo di 17 anni (e non solo) non ha..E poi, ma questa è una mia opinione personale, fare alpinismo con guida non è fare alpinismo, perché togli  il 90% dell’ essenza stessa dell’alpinismo (l incognita, il sapersela togliere, etc.). Continuando ad andare con la guida non diventeranno mai autonomi ma avranno sempre necessità di qualcuno che li porti. Anche io ho sempre meno tempo libero però se davvero credi in questa cosa, il tempo lo trovi. Il corso , al di là di chi lo fa, ti insegna, la guida ti porta. Ricordati il bellissimo libro di Messner “la libertà di andare dove voglio”. Indipendentemente dalle difficoltà che superi. 

Mio figlio e  compagna hanno scoperto le escursioni con Guida  alpina che cura solo loro due  e non una mandria di clienti  e poichè lavorano entrambi con ritmi giornalieri sostenuti, non avebbero il tempo per frequentare corsi di alpinismo o escursionismo..al massimo si sono comprati vestiario e scarponi in outlet e si tengono allenati andando al lavoro camminando su percorso cittadino in pendenza . eSon soldi ben spesi, anche perche’ devono pure frequentare corsi per aggiornamanto professionale( che p***e!). Quindi, ripensando alle caxxate combinate in mia gioventu’ per intraprendere escursionismo pesante e periglioso alla “carlona” con amici faciloni e sparagnini, li approvo pienamente, almeno in periodi di ferie si godono sensazioni meravigliose,altrimenti  finirebbero su spiagge sabbiose  iperaffollate ad ustionarsi  ed incavolarsi  causa assembramenti fastidiosi.Invece  mi spediscono foto e  tornano soddisfatti…e i genitori stanno  tranquilli.Cesare Tomè da Agordo:” Chi togliendosi una volta alle abitudini sempre uguali della vita , desidera ritemprare le forze del corpo e della mente, vada sull’Agner e là assiso ai piedi dell’ometto di pietra da noi costruito il1 8 agosto 1875, spaziando lo sguardo nello stupendo panorama che gli si offre  tutto all’intorno, potrà godere delle sensazioni profonde e deliziose.”  Pagando una Guida che sa entrare in empatia ( non mestierante frettoloso), si contribuisce al lavoro in montagna, mica tuttipossono essere assunti da fabbriche di occhialeria, gelateria, carpenteria in legno , caseifici, stalle ..ecc. Alcuni datori di lavoro se le cose filano, offrono premi indanaro, altri bonus wellfare ai dipendenti, io includerei pure tra le offerte opzionali una sana  escursione con Guida…e corsetti aziendali preparatori.

Va beh Crovella, allora ti pongo un quesito. Premesso che io ringrazio che esistano le Scuole Cai e le reputo molto importanti (come le ASD) perchè danno la possibilità a molti di imparare a scalare/andare in montagna a prezzi popolari, come la metti la questione che un istruttore (anche regionale) sia di fatto equiparato a una guida, senza averne la sua preparazione? Eppure anche lui porta il suo “cliente-allievo” su una via di roccia (ad esempio), ne è custode e responsabile, però ha una preparazione e una selezione da superare di molto inferiore. Comunque per la 6/89 ragazzi giocate un ambo secco sulla ruota di Napoli.

@188 direi che la vita tutta, da che è apparsa sul pianeta, si esprime in tal modo. Ci ha già pensato Darwin a definire questa legge di natura.   Tuttavia in uno stato di diritto non si può scavalcare, appunto, il diritto. C’è una legge dello Stato, la 6/89, regolarmente in vigore. A fronte c’è un fantomatico elenco redatto unilateralmente dal CONI. Non c’è equilibrio giuridico fra la legge e l’elenco CONI. La legge comanda sull’elenco CONI.   Bisogna ribadire la legittimità in questa situazione sennò non ci sarà argine alla loro invadenza. Per esempio: con che fondatezza, sia sostanziale che formale, si sono messi ad “attivare”  i tecnici di scialpinismo??? (Come scritto da Massari).   Se non facciamo chiarezza in tutto questo bailamme, si perde il controllo della situazione. Oltre al tema “remunerazione” (la cui gedtione legale è di competenza delle GA), c’è il problema complessivo di “controllare” come la gente viene portata in montagna. Mi pare pazzesco che il CAI abbia protocolli molto stringenti per le varie sue uscite, sia delle scuole che gite sociali, e possa accettare che, tutto intorno al CAI, ci sia l’anarchia senza controlli che verifichino la fondatezza di ciò che viene fatto. Questo È UN PROBLEMA CHE SI DEVE PORRE IL CAI. Non solo “si può” porre, ma si DEVE porre il CAI. 

@192 Tanquillo che in montagna ci vado, roccia o sci alpinismo a seconda dell’umore. Tra l’altro stai dicendo ld stesse cose che dico io (CONI, 6/89, ecc). Se sono fuori dalla realtà io, lo sei anche tu. Forse siamo tutti e due dentro la realtà. Ciao!

@191 hai ragione in effetti quello è il più grave inquinamento. Però anche quello diretto degli spit sta diventando insopportabile. Pochi mesi fa mi è capitato di passare sotto una paretina dalle mie parti. 40 anni fa non c’era niente, 30 anni fa qualche chiodo ritorno, 20 anni fa i primi spot e io stesso, allora, ne ero contento, 10 anni fa già troppi spot e iniziavo ad arricciare il naso. Ora ci sono file di spot a colori diversi, parallele a un metro una dall’altra. Più che Una paretina spietata, sembra una rete metallica. Anche questo è un problema su cui è bene iniziare a riflettere: dobbiamo porre dei freni anchd alla spittatura a manetta. Ovvio che i condomini in cemento o gli impianti sciistici o le ferrate ecc ec sono ancora peggio come fattori inquinsnti. Ms anche lacspittatita selvaggia, nel suo piccolo, lo sta diventando.

190 Francamente non mi pare che la chiodatura/richiodatura sia inquinante. Spesso per farlo si ridà vita a sentieri e luoghi in totale abbandono

Quando si esagera, si scrive sulla roccia, si fissano le targhette con i nomi delle vie, si trapanano clessidre, si scavano prese, si aggiustano le prese con la resina, addirittira si fissano prese multicolori sulla roccia. Credo ci sarebbe da riflettere…

Teo non mi vergogno affatto perché anch’io chiodo e manutengo vie sportive mettendoci il 90% tempo e materiale di tasca mia. Poche volte il materiale mi è stato offerto, e va bene. Mi riferivo a quelli che si fanno pagare pur non essendo professionisti e ne conosco, ma non voglio andare fuori tema. Volevo solo dire che chiodare è un’attività sempre ben vista anche quando certi lo fanno da malati e quindi esagerando. Un po’ come i volontari delle ambulanze che fanno un’azione buona nei propositi ma (molto) spesso sono degli esaltati e il loro apparente altruismo altro non è che egocentrismo. Spero di essermi spiegato. Sul tema dell’articolo penso che le GA invece di prendersela con l’UsAcli e compagnia dovrebbero spiegare al Coni che l’alpinismo e lo scialpinismo non sono sport. Una falesia esente da pericoli ed equiparabile a una struttura artificiale indoor o esterna che sia, non esiste, secondo me. In ogni caso il Coni ha agito in contrasto con una legge dello stato preesistente (la vituperata ma attiva 6/89) e probabilmente è per questo che le GA si incazzano. Sull’estraneità alla realtà di tal Crovella dico che i suoi post si commentano da soli.  Buone arrampicate. Al Crovella no perché non le fa, evidentemente.  Ciao.

Paragonare l’inquinamento degli spit con l’inquinamento delle palazzine degli anni ’70 o comunque con la generale antropizzazione della montagna mi sembra quanto meno molto eccessivo e tirato per i capelli. Una ferrata è molto più impattante sia visivamente che come numero di umani che attira i quali sporcano, inquinano, urlano… come purtroppo fa anche chi arrampica lungo gli spit. Il vero problema a mio avviso non è dato dall’antropizzazione causata dallo spit quanto dalla progressiva riduzione di pareti ancora libere per i sogni e le ambizioni delle prossime generazioni. Al grido entusiasta “spittiamo tutto”… il figlio di mio figlio risponde “nonno, avete già spittato tutto voi! e noi non possiamo più aprire una via nuova!”

Caro Teo, se pensi davvero che le scuole CAI siano tecnicamente obsolete, credimi, sei completamente fuoristrada. Ti assicuro che i nostri testi, manuali e metodi sono assolutamente attuali e soprattutto gli istruttori, mediamente, aggiornati ( COVID permettendo). Non per nulla alcuni promotori USACLI provengono da scuole CAI. Tutt’altra cosa sono prese di posizione, riviste etc su cui concordo con te. Resta il fatto che noi delle scuole CAI possiamo, per ora, offrire ai ragazzi che desiderano fare gli istruttori, un buona formazione; nello scenario economico attuale e in special modo nell’ AL , non so se questo sarà sufficiente. Francamente non credo. 10.000 euro esentasse per fare lo stesso lavoro sono molto attrattivi se si desidera magari arrotondare i guadagni. Quella della retribuzione è una cosa importante e occorre che il CAI si dia da fare per uniformare la cosa in un senso o nell’altro. Francamente non mi pare che la chiodatura/richiodatura sia inquinante. Spesso per farlo si ridà vita a sentieri e luoghi in totale abbandono.  Inoltre Teo, dai per scontato che istruttori CAI non facciano manutenzione falesie, cosa di cui non sarei così certo, basta guardare la Sardegna dove un mio collega qualcosina ha chiodato e richiodato.

Riabilitato? a me importa poco. Io faccio il mio. Se va bene è così, se non va bene, facciano pure.  

Crovella, il mondo è in continuo cambiamento, dovresti averlo capito! Come cambia? Cambia secondo come la pensa la maggioranza. In meglio o in peggio? Per chi la spunta è sempre in meglio. Chi sopravvivrà? Non il più forte, neanche il più intelligente e nemmeno il più organizzato, ma solo quello che meglio si adatterà ai cambiamenti.

Dai Benassi sei stato riabilitato…sembra che alle autorità sia sfuggito che in fondo si può anche essere critici nei conronti del CAI senza dovere necessariamente restituire la tessera.

@184-185 di fatti, altro che “ipocrita” a titolo personale. Sull’atteggiamento tenuto io sono molto critico sia con il CAI come istituzione sia con molti soci. Gli ipocriti sono loro: io mi batto esplicitamente, da circa 20 anni, per “più montagna per pochi“, come ho illustrato da tempo anche qui sul blog (vedi: https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-1/ E https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-2/). 

Crovella, mi sembri un democristiano anni 80. Sei di un’ipocrisia imbarazzante. Chiudiamo la funivia del Torino, poi vediamo se il rifugio della sezione campa ancora. Inizia ad andare a sciare in treno. Cosa ha fatto il CAI in concreto sull Eliski? Proprio la regione Piemonte ha recentemente legiferato in merito una norma allucinante, non mi sembra che il CAI abbia fatto qualcosa di concreto..

Ricordo a Crovella (182) che non ho mai visto alcuna crociata dei soci CAI contro la costruzione di nuove vie ferrate in barba al tanto decantato bidecalogo. Anzi sono i primi a postare le foto su tutti i social. Per quanto mi riguarda è il motivo principale per il quale mi sono disiscritto dall’associazione. Viva la coerenza.

Quelli che sui social scrivono “sarebbe da cambiare il maillon alla sosta”..e perchè non lo cambi tu???

questo è vangelo!! Tutti pronti a criticare . Ma di lavorà, di sacrificare il proprio tempo libero, la propria attrezzatura e di mettere mano al portafoglio, pochi ne hanno voglia.

La chiodatura “spinta”, a livello ideologico, è una forma di inquinamento. L’acciaio inquina come il cemento. Siamo arrivati ad un eccesso di chiodature, specie su falesie, a tal punto che dobbiamo iniziare a centellinare questa attività, altro che premiarla con elogi!   Ovvio che, a livello globale, i mc di cemento sono miliardi di volte superiori a quelli dell’acciaio degli spit, ma se restringiamo il focus sulla singola falesia, il tasso di inquinamento antropico è analogo a quello dei condomìnii anni ’70 nelle stazioni sciistiche (vedi articolo di qualche settimana fa su questo blog-Val d’Isere). La posizione del CAI è complessivamente ambientalista. Non possiamo esserlo a piacimento: o lo siamo sempre o non lo siamo mai. Non possiamo, un giorno, lustrarci la medaglia nel firmare la petizione contro i nuovi impianti nel Vallone delle Cime Bianche e, il giorno dopo, esaltare l’opera di spittatura a manetta. Un socio CAI, se coerente con lo spirito dell’associazione cui appartiene, è contrario all’una e all’altra ipotesi. Quanto meno non va in giro a ringraziare “altri” per l’opera “meritoria” (?!|?) di spittatura a manetta. Quest’ultima va soppesata molto attentamente e riportata sotto un generale controllo, altrimenti è un grave fattore di inquinamento.   Sono intervenuto solo per sottolineare uno degli aspetti che differenziano l’ideologia CAI da quella del sottobosco di queste sigle. Chissà quanti altri ce ne sono. Per cui, al di là del tema chiave sulla retribuzione (che va affrontato legalmente dai vertici delle GA), esiste proprio tutta una incompatibilità esistenziale con questo mondo. L’intero popolo CAI dovrebbe contrastare questo “altro” mondo: per esempio è un fattore di destabilizzazione per l’ambiente naturale. Finché restano nel chiuso delle sale indoor, cementificate, è un conto. Ma se, come afferma Massari, la loro attività è – al momento – legittima anche outdoor, allora il problema non è solo più quello della remunerazione (di competenza legale delle GA), ma comprende una serie di corollari che coinvolgono ogni singolo socio CAI. Ecco perché occorre fare muro e contrastarli.

Mi piacerebbe sapere cosa intende Prati con “volontariato chiodatorio spesso a pagamento”. Sei vergognoso. Ma tu sai quanto costa chiodare?? tra fix, punte, batterie del trapano, corde che si consumano..senza contare il tempo, il gasolio, i rischi, la terra che si mangia..Almeno per il materiale credi che non sia giusto raccogliere dei fondi? fosse anche con un corso di arrampicata? tutti i chiodatori che conosco, me compreso, non sono pagati da nessuno e anzi, ci hanno sempre wrimesso di tasca propria, per fare divertire anche quelli come te, che pontificano solo e sono dei parassiti del verticale. Quelli che sui social scrivono “sarebbe da cambiare il maillon alla sosta”..e perchè non lo cambi tu???

Ditemi se un personaggio che dice che un ragazzo che ha un tatuaggio o un orecchino non può entrare in una sede CAI non è fuori dal tempo e dallo spazio. Mi piacerebbe sapere se sul braccio si tatuasse il logo CAI, cosa direbbe..

Nessuna leccata di culo. Mi chiedo inoltre che praticità possa avere il tuo commento, soprattutto nella seconda parte, un condensato di paroloni senza alcun senso logico. Io da ragazzino avevo frequentato una prestigiosa scuola di alpinismo del CAI e sono grato di ciò, perché mi ha permesso, unitamente alla mia voglia di andare in montagna, di poter compiere tante belle salite. Oggigiorno però il CAI non è più al passo con i tempi che cambiano, e si vede dai Crovella di turno e dai loro discorsi, anacronistici e agganciati a una realtà che non rispecchia più quanto succede nella “società” di coloro che vogliono arrampicare e andare in montagna. Ci saranno anche tanti giovani nel CAI, ma l’alpinismo e l’arrampicata ormai è cosa quasi estranea al sodalizio, i giovani scalano e vanno in montagna al di fuori dal CAI. Questa è la realtà. Nessuno, in tanti anni, mi ha mai chiesto “di che CAI sei?” se non qualche escursionista o qualche anziano. Il CAI deve modernizzarsi e aprirsi, basta guardare la rivista Montagne 360, ci sarà il 10% che parla di alpinismo e arrampicata. Io francamente, la prendo, la sfoglio e la butto nel recupero carta. Un gran peccato. Su quella rivista si parla solo di burocrazia, intenti, regolamenti, convegni..è questo che avrebbe voluto Quintino Sella? E’ per questo che vedo con favore queste ASD, soprattutto se “capeggiate” da gente del livello di Massari, che potrà essere antipatico a qualcuno, ma è indubbiamente uno scalatore preparato sul lato tecnico e storico. Il CAI dovrebbe meditare perchè si è fatto scappare uno così. Queste ASD sono una bella novità e scusate se lo ripeto, ma la questione chiodature è importante, direi fondamentale. Siamo tutti bravi a mangiare, ma se non c’è il cuoco che cucina, degli ingredienti ce ne facciamo ben poco. E queste ASD stanno portando avanti un lavoro a 360 gradi e bisogna riconoscerlo. Del CAI faccio parte, però i vari Crovella dovrebbero avere la capacità e l’umiltà di capire che hanno fatto il loro tempo (sempre che l’abbiano fatto..). Sulle guide..io ho rispetto per la figura della guida, perchè coloro che lo sono diventati, tranne qualche sporadico caso, hanno indubbie capacità (anche se oggi le giovani guide tendono a vedere questa professione come un’attività commerciale, conosco giovani guide che hanno fatto giusto le poche salite necessarie per il CV e poi, una volta acquisito il brevetto, solo più Vallee Blanche..). Quello che non tollero è l’ingerenza e l’essere portatori della verità assoluta da parte del Collegio. E i casi, in tal senso, sono tanti. 

@174 io sono socio CAI dal 1968 e istruttore titolato dai primi anni ’80. La necessità di ribadire le cose deriva dall’esistenza di teste quadre come Teo ecc. che, a loro volta, continuano a imperversare.   Non del CAI dobbiamo essere tutti compatti sul trema, sia come “amici” (e consoci) delle GA, sia come soci CAI che respingono ingerenze nella vita del sodalizio (mi riferisco a certe affermazioni di tal Teo, che non conosce nulla degli scopi statutari del CAI ecc). Dispiace che un accademico come te non sia in prima linea in tale opera. Dovresti esserlo molto più di me.  Ribadisco che, a livello legale, dovrebbero muoversi i vertici nazionali delle GA (con un’azione che miri a obbligare il CONI a cancellare le voci in questione dal suo elenco: fatto quello, si spazzano via tutte le ASD dalla montagna, nel senso che le ASD possono esistere ma si occuperanno di “altro”). Tuttavia noi soci CAI siamo chiamati per consorziativismo a fare muro e dare sostegno alle GA. Iniziando proprio dai più quotati fra i soci CAI, cioè dagli accademici. Se non ci attiviamo a sanare la situazione, non lamentiamoci poi che i giovani non vengono al CAI. Qui a Torino NON abbiamo questo problema, che non sappiamo dove metterli, i giovani, tanti ne abbiamo di “nostri”. Ma forse in altre realtà il problema esiste e va quindi gestito.

Bella leccata di culo Teo. Hai dimenticato di darne una anche alle GA per manifestare una non presa di posizione politicamente corretta dall’effetto pratico totalmente insignificante.  Attrezzare le falesie fa bene di certo all’arrampicata ma non è tutto. Chi attrezza è sempre benvisto ma solo perché gli arrampicatori hanno mediamente poco cervello. Molto volontariato (spesso a pagamento) chiodatorio cela psicopatologie da penetrazione che sconfinano nel patetico e che andrebbero seguite dal medico. 

E inoltre grazie a Massari e alla sua ASD per il lavoro di chiodatura e richiodatura delle falesie. Come anche la ASD Val Pennavaire. Una ventata di novità che ci voleva e potrà essere anche di stimolo al CAI per migliorarsi e fare sempre meglio.

Per tornare sull’argomento di partenza, e cioè la diffida di Cavanna per la giornata in falesia, la famigerata giornata dell’ASD Pennavaire è stata comunque portata a termine e sono previsti nuovi corsi per cui vedremo se a questa farà seguito la tanto minacciata denuncia.   Inoltre caro Marcello, sono veramente curioso di vedere se, e soprattutto come e quando, questa battaglia verrà combattuta ma temo che ne’ io ne’ te ne vedremo la fine per come vanno queste cose in Italia…o se la vedremo saremo già abbondantemente pensionati… intanto io, come ho sempre fatto, mi godo il momento e continuerò felicemente ad operare con la nostra Arrampigranda ASD.   Crovella, anche a te ribadisco che, piaccia o non piaccia, per ora noi dell’Usacli siamo liberi di operare (con i compensi previsti dalle regole che normano tutte le ASD) nelle nostre falesie praticando lo sport climbing (che è anche outdoor e non solo su “cemento” come dici tu che sei piuttosto disinformato…) per tutti i motivi che ho descritto tant’è che, al momento, non ci è arrivata nessuna denuncia ne’ a noi per lo svolgimento di corsi ne’ all’Usacli Montagna per la formazione di nuovi tecnici (di arrampicata e di sci alpinismo) per cui continueremo sicuramente e sarò certamente felice e sarà un bene per tutti se il CAI si adeguerà e anche lui è proporrà lo sport climbing outdoor in maniera più evoluta come sicuramente qualche sezione fa già. Un saluto.    

Sono socio del CAI dal 1970 e del Caai dal 1989, ci tengo anch’io al CAI,  crovella, nei tuoi commenti scrivi sempre le stesse cose. Per me anche basta, credo di averle capite. Ti prego basta!!

Commento dopo commento, il discorso generale è passato su temi paralleli. Limitandoci a quello principale, la situazione è chiara: nessuno può farsi pagare in attività outdoor se non le GA. Punto. devono pensarci le GA a fare le adeguate azioni i tutela. Aggiungo che non si capisce (a maggior ragione sulla base dei dati segnalati da Raffa) come i soci CAI possano schierarsi dalla pae delle sigle. Le GA risultano nostri consoci all’80% e qualche socio CAI parteggerebbe per gli altri? Ma come potrebbe essere possibile?   In più: già ci sono collaborazione locali CAI-GA? Bene. Basta estenderla a livello nazionale. Non è un problema insormontabile. Non c’è bisogno di nessuna collaborazione con le sigle. Abbiamo già tutti gli ingredienti in casa: ruoli titolati (IAL e INAL), molti corsi AL già attivi presso diverse Scuole CAI,  molte collaborazioni attive CAI-GA, l’80% delle GA sono soci CAI… ma di cosa possiamo aver ancoa bisogno? C’è già tutto, basta cucinarlo a dovere.

Effettivamente è un mondo che non frequento per nulla e non ci tengo proprio a frequentare, per cui ho solo delle sensazioni. Ma spesso le mie sensazioni sono fondate e il tempo le conferma. Tutta sta storia che queste entità si infilano nell’interstizio fra GA e CAI sulla base di un elenco stilato unilateralmente dal CONI (in violazione della legge 6/89 tuttora vigente) mi fa storcere il naso. Con gente così io preferisco non avere a che fare. Meglio fare le cose “pulite” e non pasticciate.   Esistono le GA, no? Bene che il CAI collabori a fondo con le GA. Su un eventuale progetto “creare la branca CAI per l’AL”, io preferisco sapere che il CAI istituisce una collaborazione strutturale con le Guide. ben vengano le GA, godono di stima cristallina, sia come figura professionale astratta che come singole persone.   Quelle altre entità, ammesso che la loro legittimità sia davvero sopra ad ogni sospetto (io dubito, per questo le definisco “opache”), lasciamole per conto loro, non carichiamocele in pancia. Come CAI di rogne ne abbiamo già da vendere, perchè dobbiamo cercarcene altre?

Sono d’accordo con Teo. Il punto è che non si tratta più di “entità “opache” e cmq piccole e irrilevanti”, come sostiene Crovella. Non tenere conto di questo significa non guardare la realtà.

A parte che non c e una conclusione, ma quella di Crovella mi sembra delirante. Sembra che abbia letto niente del post. Le ASD sono una realtà a se stante che non cerca la sponda di nessuno, al di là di eventuali collaborazioni che potranno esserci.

Tanto per mettere i puntini sulle i: la collaborazione tra Cai e Guide Alpine già esiste ed ha numeri importanti. E’ però lasciata quasi interamente alle iniziative di singoli individui/sezioni. Sicuramente si potrebbe fare di più e meglio, ma il fatto che gli utlimi dati disponibili indichino l’80% delle guide e amm come soci Cai credo sia indicativo di una realtà molto diversa rispetto a quella che uno potrebbe immaginarsi dalle controversie legali in corso. fonte: https://www.guidealpine.it/associazione-nazionale-guide-alpine.html (grassetto e sottolineato sono miei)

  Associazione Nazionale Guide alpine L’Associazione Nazionale Guide Alpine Italiane è, al tempo stesso, una sezione nazionale del Club Alpino Italiano e un’associazione che propone, coordina e disciplina tutte quelle attività inerenti la professione delle guide alpine, guide vulcanologiche e accompagnatori di media montagna che non sono riservate per legge alla competenza del Collegio Nazionale. Nel 2018 circa il 70% delle guide, degli aspiranti, delle guide vulcanologiche e degli accompagnatori di media montagna risultava iscritto all’AGAI. Il numero degli iscritti al CAI, se si considerano anche le sezioni territoriali, raggiunge l’80%.

CONCLUSIONE. La testimonianza di Dino conferma che, se il CAI vuole imbastire e far crescere una branca strutturalmente dedicata all’arrampicata libera (AL), è perfettamente in grado di farlo da solo, senza bisogno di consorziarsi con “sigle” che (nella migliore delle ipotesi) sono più “piccole” e quindi meno corazzate e prestigiose. Nel CAI esiste già la figura di Istr titolato di AL, molte scuole organizzano da tempo i rispettivi corsi, gettonati e con successo (almeno a Torino è così).   Se si percepisce che questa è un’area sociale da rafforzare, ebbene si prenda, ai massimi livelli, la decisione di procedere strutturalmente per tutto il sodalizio e su tutto il territorio nazionale. Il CAI ha da solo tutte le capacità, nonché la capillarità sul territorio, per poter diventare il player primario del settore.   Viceversa diffiderei di accordarmi con entità “opache” e cmq piccole e irrilevanti, perché sono queste ultime (e non il CAI) che hanno tutto da guadagnarci da tali eventuali accordi. In particolare l’istinto mi “dice” che l’obiettivo mascherato di questo sottobosco di “sigle” (chi più, chi meno) è quello di agganciarsi alla corazzata CAI per costruire un polo principalmente basato sulla forza e sulle dimensioni del CAI e contrapporsi così alle GA sul tema “soldi”. In parole povere cercano uno scudo istituzionale contro le GA. C’è il rischio che la diatriba fra qualche anno non sia più “GA vs sigle”, ma “GA vs CAI (capofila di un polo dove fra gli interstizi si annidano le sigle)”.   Preferisco che il CAI sia “alleato” con le GA (che sono naturale contraltare del CAI) piuttosto che con il sottobosco contro le GA. Occhio alla penna, quindi.

in effetti in questi ultimi anni il CAI, seppur lentamente e prudentemente, si è mosso nella direzione che noi vorremmo. Ha incentivato le Sezioni nella costruzione di palestre d’arrampicata, ha istituito la figura dell’Assistente di Sala per incentivare alla gestione, ha autorizzato corsi d’arrampicata indoor  pura sempre molto richiesti e frequentati. Certo si muove con prudenza forse anche troppa; tuttavia si muove. Occorre sicuramente continuare con più energia su questa strada cercando di non far troppo caso a chi del CAI parla male, molti x partito preso. Siamo in tanti Soci con idee ed esperienze diverse e occorre far tesoro dell’esperienza senza però paura di andare avanti con tutta la potenza organizzativa disponibile.

@165 interessante l’allegato che non conoscevo e ho letto con piacere. Segnalo il penultimo punto delle conclusioni: già allora, 2014 mi pare, si sottolineava l’invadenza della FASI (per estensione oggi possiamo aggiungere le tante altre sigle). Io sono il primo a riconoscere che non sono minimamente interessato a tutto il tema dell’arrampicata “moderna” (la chiamo ginnastica sul cemento…). Non la considero facente parte dell’andar in montagna e quindi la ritengo estranea agli interessi del CAI. Tuttavia non metto ostacoli, ma dico subito che non credo in un’onesta collaborazione fra CAI e varoe sigle. Questo per due motivi: al CAI tendenzialmente non ha nessun tornaconto istituzionale dall’ impelagarsi nell’attività in questione, mentre esso è esposto al rischio che il sottobosco delle sigle gli si attacchino come cozze per acquistare maggior legittimità e contrapporsi alle GA sul tema soldi. Attenzione quindi a non farvi strumentalizzare dalle sigle per loro biechi fini economici. Mi spiacerebbe molto sd il CAI facesse la figura del fesso. Tutto qui.

@DinoM in effetti nel Cai è almeno dal 2014 che si evidenzia la necessità di coinvolgere anche gli “arrampicatori di palestra” e vede nelle sezioni con una palestra di arrampicata uno dei possibili sbocchi per aumentare il coinvolgimento dei giovani. La strada è lunga per far cambiare mentalità a quelli più tradizionalisti (chi ha orecchie per intendere…) però è tracciata. http://www.cnsasa.it/storage/wcms_f/alleg/documenti/RELAZIONE%20INAL%20ARCO%206%20SETTEMBRE%202014.pdf E non parlo di frange di ribelli e anticonformisti, ma di un convegno della CNSASA…  

Per quanto attiene la chiodatura delle falesie, per quanto ne so, non esistono ancora norme. Tuttavia esistono le “linee guida alla chiodatura” redatti dalle GA e le “linee di chiodatura” riportate dal manuale CAI di arrampicata. I due testi sono allineati. Pertanto chi chioda dovrebbe attenersi a questi criteri poichè allo stato attuale costituiscono gli unici ( recenti) criteri. Tra l’altro le GA hanno depositato presso il ministero del turismo ( mi pare) il documento. Per quanto riguarda l’arrampicata libera del CAI, l’ambiente tradizionalista ( scuole incluse) non ha mai  ben digerito il settore che, invece , esercita una richiesta fortissima. Ciò che di positivo esiste nel corso CAI è una buona metodologia didattico pratica. Personalmente non mi disturba affatto che altri organizzino corsi, anzi. L’unica cosa che mi disturba è il limitare l’attività degli istruttori CAI ai corsi organizzati; questo limita tantissimo l’attività nell’arrampicata che ha tantissimi e differenti risvolti rispetto ad altre attività montane. Perchè non ci sono comparti stagni. Molti top climbers scalano fuori, indoor, outdoor, a volte si cambia a seconda delle condizioni meteo o personali di tempo e voglia. Tutti ormai si allenano indoor e nelle falesie quindi non capisco quale possa essere il problema. Sarebbe bello poter organizzare qualche garetta in ambiente CAI o poter gestire una palestra; molte Sezioni già lo fanno però sempre borderline. Anch’io condivido alcune idee espresse da Teo e spero che il CAI si evolva definitivamente. 

Massima stima per lo spirito con cui il quasi omonimo Teo reagisce a Crovella.   Mi sembrava un grande idea quella di distillare i nomi delle vite dai verbosi interventi: perché è sparito il post? Era decisamente il meno offensivo… Si potrebbe addirittura lanciare il concorso per i nomi migliori e intitolato al Gran Cajano

Teo non ho mai affrontato il problema della normativa sulle falesiee non sono un avvocato ne’ mi diletto in tale campo. Di fatto però tutti i giorni ho a che fare con il rispetto di norme varie e con la loro intepretazione. E’ indubbio che la sostituzione di un fix arrugginito non possa che essere un miglioramento rispetto allo stato dei luoghi. Il problema però potrebbe essere a monte. Se la via è pericolosa e mal realizzata nel suo insieme, finchè tu non ci metti mano non è tua la responsabilità. Nel momento in cui tu intervieni, con i migliori intenti di questo mondo, metti la tua “firma” su un qualcosa che nel complesso è pericoloso e mal fatto. Un domani su quella via succedesse qualcosa potresti essere, anzi molto probabilmente saresti, ritenuto corresponsabile. Per questo ti hanno consigliato di farlo di notte…..    

Però scusa Simone, se cambi uno spit arrugginito con un fix inox, il miglioramento c’è..poi chiaro che il fix devi infiggerlo bene. O se rendi un passaggio meno pericoloso è oggettivamente un miglioramento (lasciando da parte le eventuali polemiche sull’accorciare la chiodatura). Altrimenti se più nessuno chioda o richioda, nessuno scala più. 

@ Teo non sposo la tua teoria che il richiodare sia necessarimaente un miglioramento. Nel momento in cui metti mano su qualcosa che potrebbe essere fatto male, anche se puntualmente hai realizzato un piccolo miglioramento, diventi però corresponsabile di un’opera che nel suo complesso è mal realizzata e quindi ti cacci nei guai.

@157 e 158 A mali estremi, estremi rimedi. Come con le zanzare, vale la legge della ciabatta. Quando una zanzara mi ronza introno,  per più volte cerco “deliacatamente” di farla uscire dalla finestra, la “inviti” in tutti i modi, la spinge con un asciugamano. Ma quella niente, continua a starmi addosso e a darmi estremo fastidio. A un certo punto mi scoccio, prendo la ciabatta e la spiaccico contro il muro. A maggior ragione chi mi conosce già, dovrebbe averlo memorizzato. Se ve ne state lontani da me, non vi corro dietro per infastidirvi. Se mi infastidite, inizialmente vi invito, fra le righe, a farvi da parte. Se aguzzate l’ingegno, lo capite al volo e fatevi da parte. Se perdurate, a un certo punto impugno la ciabatta e spiaccico contro il muro. Non ho tempo da perdere. Con nessuno

Grazie Fabio, ma credo che le offese siano più per coloro che le fanno che per coloro che le subiscono. Non sono d’accordo a cancellarle perchè dimostrano quanto una persona riesca davvero ad argomentare le proprie convinzioni. E Crovella ha dimostrato, con i suoi toni ed i suoi modi, che non è capace a farsi capire se non insultando e cercando di imporre il suo punto di vista. Di fatto, dimostrando che ha torto. Inoltre togliergli la possibilità di dare del rimbambito alle persone lo svuoterebbe del suo significato pittoresco e unico, che mi ha fatto tanto divertire. Un personaggio davvero unico, degno di Samivel ?

“Te l’ho spiegato, più volte, a prova di rimbambito, se non riesci a capire sei davvero un rimbambito.”   Tipica “dialettica” di Crovella… … … … Caro Alessandro (Gogna), le offese vanno bandite dal forum. Tu già censuri le piú astiose, ma io ritengo giusto che debbano esserlo pure quelle al livello dell’esempio riportato sopra, il quale comunque non è cosa da poco!    Nel caso in questione potresti magari eliminare solo le righe che contengono offese e conservare il resto, avvertendo eventualmente i lettori. Riflettici.

140 e 147. Per quanto riguarda le falesie in Toscana preferisco per ora non dire (scrivere) niente in attesa di sviluppi in itinere che spero positivi.  Ancora una riflessione: nello stesso modo di Barbolini che attrezza, liberamente, una falesia ci potrebbe essere domani uno che la disattrezza perchè afferma che è più divertente la salita trad. Si entra in un ginepraio dal quale è praticamente impossibile uscire. A me è capitato di togliere degli spit in itinerari che erano stati aperti con chiodi normali e protezioni veloci e l’ho fatto con la convinzione che fosse la cosa giusta, per me. Ognuno si crea la propria etica ed è convinto che sia quella corretta ma qui si entra in un discorso di una complessità notevole.

@154. Su questo sono assolutamente d’accordo. Mai farsi distrarre dalle apparenze, soprattutto oggi, in società mescolate come le nostre. È un atteggiamento provinciale che non consente di capire il mondo. La classe non è acqua si diceva una volta. Tutto sta a vedere dove sta la vera “classe” senza farsi ingannare dalle astuzie del marketing sia dei “dominanti” sia degli “emergenti” e questo “A l’e’ ben dur”.  Mi  sembra che sia anche il nome di una via ma non mi ricordo dove. 

@152 stai tranquillo che siamo in molti. Io non gestisco più la scuola in prima persona (da tempo), eppure “tatuati” (nella mentalità) continuano a non presentarsi. La Ivy League è sempre la Ivy League, chignon o non chignon

@146 guarda siamo talmente “espliciti” nel nostro modo di essere, almeno nella specifica scuola cui appartengo,. che i tatuati manco si presentano. Se per caso qualcuno con la testa non coerente dovesse iscriversi, alle prime uscite sul terreno già si capisce che non va bene e crea problemi. gli si dice con pacatezza la prima volta di adeguarsi, la seconda con maggior severità, la terza gli restituiamo la quota e lo “invitiamo a lasciare il corso” (siglia ILC) cancellandolo dirtettamente. nel nostro regolamento è previsto, ma ti dirò che è successo molto raramente proprio perché c’è una implicita selezione naturale a monte (scusa il gioco di parole).   Sul resto: hai le idee estrememente confuse, mescoli non solo la ginnastica sul cemento con l’andar in montagna, ma anche cosa dovrebbe fare il CAI. leggiti lo statuto del CAI, si trova in rete. L’obiettivo del CAI NON è spingere l’alpinismo, né coltivare l’alpinismo di punta. Al limite quello dovrebbe essere l’obiettivo del CAAI (l’accademico), di cui non faccio parte e quindi non mi permetto di esprimermi. Il CAI cura la produzione di serie, non la squadra corse di F1. Produciamo berline tranquille, non auto nervose da 300 km/h. Ecco perché di tutta quella roba che citi tu non ce ne frega una beata mazza, è come se non esistesse neppure. Riopeto ciò non toglie che a titolo personale alcuni soci siano interessati e anche io nel mio piccolo ho frequentato Finale, le Calanques e ho perfino fato qualche puntata in Verdon. ma non c’entarno nulla con il coinvolgimento istituzionale. allora tiro di scherma e faccio canottaggio sul Po, ma mica ha rilievo sul CAI…   Se non ti pulisci il cervello di queste confusioni ideologiche, mescoli pere e patate. Se ti interessa arrampicare, fai benissimo, ma “andar in montagna” è altra cosa (arrivo a dire, estremizzando, che nel concetto di “andar in montagna” non c’entra neppure la difficoltà tecnica o atletica, è una categoria dello spirito…). Te l’ho spiegato, più volte, a prova di rimbambito, se non riesci a capire sei davvero un rimbambito e quindi non mi interessi. Guate dai pè!, diciamo a Torino.

Ho capito Crovella, sei uno di quegli istruttori che va ancora a sciare con il camicione Carlo Mauri, che guarda con ribrezzo lo spit in montagna, ma mette le staffe sul V+. Che pensa che fare la Biancograat al Bernina sia alpinismo di punta. Sono basito che ci siano ancora personaggi così, indietro anni luce e con una visione totalmente miope di quella che è stata l’evoluzione sulle pareti alpine. Se l’arrampicata sportiva non si fosse sviluppata, l’alpinismo di punta sarebbe rimast0 al palo. Mi turba che tu sia fermo a Gervasutti, e mi turba che instradi con queste idee molti giovani. Però meno male che esisti, perchè sei pazzescamente pittoresco e divertente.

Attenzione a leggere il presente con gli occhi del passato. Oggi il tatuaggio (maschi e femmine), l’orecchino e il capello lungo maschile raccolto a forma di chignon sono un simbolo di conformità e non di anticonformismo ribelle. Basta andare negli spogliatoi di una palestra generalista alla moda o farsi un giro nei locali della movida urbana o osservare i giovani operai/professionisti/artigiani che si incontrano sul lavoro. Molta acqua è passata dal look & feel di Cento Nuovi Mattini e “una vita è già quasi trascorsa” come disse il poeta. 

Pasini. Innanzi tutto anche se non hai “abitato” negli USA conosci la loro quotidianità intelletual-ideologica: infatti fosti proprio tu, in una conversazione di qualche anno fa qui sul GB, a ricordarmi le Università della Ivy leage (concetto di cui mi ero momentaneamente dimenticato), ecco perché ho detto di rivolgersi a te se qualcuno ha piacere di farselo spiegare.   Per il resto, è corretto che la “concorrenza” possa anche stimolare il CAI a migliorarsi, ma la domanda è: su quale terreno? terreno ideologico intendo. Ovvero in quale “attività”? Se i vari Teo continuano a mescolare da un lato ginnastica sul cemento (come io definisco l’arrampicata indoor) con l’ “andar in montagna”, dall’altro, fanno un minestrone che crea solo confusione. Che c’azzeccano l’una con l’altro? Nulla, oggi come oggi. L’arrampicata è nata come una costola dell’alpinismo (anni ’70-80), ma poi ha preso la sua strada divergente e ora è una “cosa” che non c’entra più nulla con l’andar in montagna. Questo non significa che debba sparire in quanto indegna, semplicemente che chi è interessato all’andar in montagna (nelle sue diverse specializzazioni, dall’alpinismo allo scialpinismo all’escursionismo) non è minimamente interessato alla ginnastica verticale, anche in falesia 8untendo alle performance di punta). E viceversa. L’errore concettuale dei vari Teo è pensare che il futuro dell’alpinismo sia Ondra o i tatuati che fanno il 7c: quella è altra roba, non c’entra con l’alpinismo, come non c’entrano le bocce, il ciclismo su pista o le partite a tre sette sul tavolo della bocciofila. Quindi il CAI non deve minimamente preoccuparsi di reclutare i tatuati delle sale indoor, perché essi praticano una attività che non ha niente a che fare con il CAI stesso.   Ciò non toglie che, a tale attività, diversi soci CAI siano legittimamente interessati a titolo personale, come altri soci CAI sono interessati alle gare di scialpinismo o alle gare skyrunning, ma queste attività NON sono di interesse istituzionale del CAI come sodalizio. Per cui quanto succede in questi sport non ci tocca minimamente. non è lì, in ogni caso, il nostro futuro. Il nostro futuro ce lo costruiamo prendendo i ragazzi da giovani (anche età delle medie) e accompagnandoli nella loro crescita personale e alpinistica. Finché i vari Teo confondono il futuro dell’arrampicata con il futuro dell’alpinismo (e quindi del CAI) si generano tutti i misunderstandig di questa conversazione.   Percorrete pure la vostra strada, appoggiatevi di volta in volta ai Massari della situazione, ma tale strada non si interseca minimamente con quella di chi crede nell’ “andar in montagna” e nel CAI.

l’asticella in montagna volevo dire..

PS: Ti ricordo che sei non fai un grado alto in falesia, nessuno avrebbe alzato l’asticella in falesia. Gullich, il 9a di Action Directe, Eternal Flame, Separaty Reality in slego..solo per citare un grande.. che andava in Verdon e scalava su Papi on Sight..era un energumeno, non tatuato in effetti..

@Crovella: quanta sicumera nell’affermare la palese violazione della 6/89… nonostante un impianto giuridico davvero complesso da valutare nel suo insieme. Affermazioni così lapidarie me le aspetterei da persone meno avezze alla complessità del mondo del diritto, ma da chi è “quasi avvocato” per passione sarebbe apprezzabile una maggior cautela, non credi? ? Sulla responsabilità del chiodatore, purtroppo la soluzione più semplice ed economica è proprio quella suggerita da Barbolini: ignoti che non si sa quando agiscano, finanziati da chissà chi. E lo dico pur essendo d’accordo con Teo (che mostra sì una certa familiarità con concetti giuridici) sul fatto che il chiodatore non possa certo essere considerato responsabile a vita della propria opera. Però già essere chiamato in causa potrebbe essere una “seccatura” (con relative spese) che magari preferirebbe evitarsi. E poi i Giudici sono imprevedibili: potrebbe anche decidere che che siccome i materiali corretamente posizionati (a regola d’arte, ma quale arte?) hanno una vita di (dieci? venti?) anni, per tale lasso di tempo sarebbe ipotizzabile una corretta conservazione e quindi -salvo cause esterne che interrompano il nesso eziologico- una loro rottura in tarco temporale sarebbe ascrivibile a una posa imperita… fantadiritto, ma nemmeno troppo. Sarebbe bello che si prendesse consapevolezza che non esiste un obbligo di manutenzione a vita, eppure… sul punto mi sono piaciuti molto due contributi di cui lascio il link a eventuali interessati: https://www.wildclimb.it/2017/12/28/una-monetina/

Ecco, se dopo 20 uscite non siete stati in grado di individuare un moschettone, una fettuccia, un maillon da cambiare… tolto il caso in cui siate persone molto fortunate, il mio personale augurio è che vi sediate altrove. Fuori dal cerchio. Perché non state guardando le spalle del vostro prossimo. State facendo altro… ma sempre alle spalle

https://climbook.com/articoli/2244-i-paradossi-dell-olandese-volante

O forse, si dovrà fare i conti col fatto che siamo noi, sempre noi, a dover aprire gli occhi; ringraziare tutti gli Oviglia del mondo, ma non darli mai per scontati.

Crovella sei un Grande. Mi sto spanciando. Ti voglio presidente generale del CAI. Ok, la domenica gli energumeni sono in Verdon e il week successivo su Vojage al Capucin. Anche Vojage è una via per energumeni tatuati? Meno male che parli a titolo personale, perchè da come lo descrivi il CAI sembrerebbe un’organizzazione paramilitare. Ma quindi se arriva un ragazzo a iscriversi alla scuola di scialpinismo lo fai denudare per vedere se è tatuato? Mi ricordi quel film..il fascino discreto della borghesia..

Crovella, mica ho  detto che mi fa ribrezzo il CAI ?!?!? Si sta dicendo che ci sono delle cose che andrebbero cambiate.  Siamo  dei soci CAI mica delle pecore, avremo pure il diritto di critica.

Nel mondo dell’escursionismo, che pure ha dimensioni quantitative ed economiche ben maggiori, mi pare si sia realizzata una maggiore “convivenza pacifica” tra Cai, Gae e varie associazioni turistiche/sportive. È vero che il tema della sicurezza/responsabilità è infinitamente minore nel caso dell’escursionismo (finché non succede nulla) però è una dimostrazione che si può forse convivere nella correttezza dei rapporti.  Bisognerebbe però sgombrare il campo da interessi camuffati, furbizie, arroccamenti, disprezzi e delegittimazioni reciproche. Forse sono un inguaribile ottimista della volontà. Non c’entra (forse) anche questo ma ho letto stamattina che sta per finire il monopolio del Telepass in autostrada grazie a Unipol. Riflettete  gente, riflettete. Il nuovo che avanza? Gli elefanti imparano a volare (sui chiodi ?  ? i miei istruttori alla Parravicini dicevano “mai vula’” in dialetto milanese). 

@141 dicevano le tue stesse cose negli anni ’80 al tempo della scoperta del Verdon ecc. Che saremmo spariti, noi caiani. Invece eccoci ancora qua, più in salute che mai, ben saldi in sella e con talmente tanti ragazzi giovani (con le “nostre” idee) che non riusciamo a seguirli tutti, putroppo. Tu mi fai ridere davvero, nel senso che non sei molto sveglio: meglio non averti fra i piedi. Chi se ne frega se fanno il 7c, quello NON è andar in montagna. Ormai è un’attività che ha preso la sua strada, divergente dall’andar in montagna. Ha tutta la legittimità di esistere, ma chi è interessato all’andar in montagna se ne strafotte del 7c , del 9z e perfino di Ondra (che difatti io conosco esclusivamente perché citato da voi). Eppure, nonostante siamo così vecchi e bacucchi, alle iscrizioni ai corsi dobbiamo purtroppo lasciar fuori ogni anno da 10 a 20 persone (per ogni corso, figurati quanti sono)… se mai avremo problemi di numeri (non penso proprio), ci preoccuperemo degli energumeni tatuati, per il momento meglio che se ne stiano alla larga…   Per inciso, e parlo a titolo strettamente personale perché non voglio compromettere nessun altro (ma sotto sotto sono convinto che molti altri soci CAI condividano questi miei pensieri), se incontrassi i tatuati nella nostra sede sarei il primo a sbatterli fuori a pedate, senza tante remore.

@139 se ti fa così ribrezzo il CAI perché continui a farne parte. E’ più sensato che ti cerchi la tua strada.   In generale, l’oggetto del contendere NON è il maestro di arrampicata, ma il giochetto subdolo di costoro che tentano  mettere un piedino legittimandosi come maestri di arrampicata, per poi estendersi alle altre attività (vedi conferme da parte di Massari). Lì la violazione della Legge 6/89 è palese. Si limitino a fare i cani pastori nelle sale indoor (roba che NON è andar in montagna). nessuno avrebbe nulla da dire, né le GA né il CAI.

Crovella, non te la prendere, ma sto ancora ridendo adesso ? sei un personaggio meraviglioso, bellissimo il passo “energumeni tatuati che salgono sul cemento” :). Ti voglio bene. Peccato che questi energumeni probabilmente la domenica in falesia si scaldano sul 7b e il week end dopo sono su Les Rideaux de Gwendal a vista! se ragioni in quel modo, stai sicuro che le ASD prenderanno il sopravvento nel mondo della montagna ben prima di quanto tu possa credere.

Carlo, sicuramente è fondamentale chiedere il permesso al proprietario del terreno. Per il resto non vedo come si possa certificare una falesia in assenza di norme. Anche l’obbligo manutentivo lo vedo tirato per i capelli: un conto è un appalto pubblico di un sito di arrampicata censito, un conto se viene fatto da privati. Ti faccio un esempio: il costruttore di una macchina, certifica, sotto la propria responsabilità, che la macchina è stata costruita a regola d’arte perchè ha seguito le norme uni, en, cei, etc. ma l’obbligo di manutenzione è in capo all’utilizzatore. Ergo, se attrezzo una falesia (magari richiodandola e quindi apportando un miglioramento) sarà il fruitore che dovrà cambiare il moschettone di calata se lo vede usurato. Sarebbe interessante sapere che tipo di problemi hai avuto in Toscana.

Con una situazione di questo genere, che ci importa di correr dietro agli energumeni tatuati che salgono sul cemento??? Non solo non corriamo dietro a costoro, ma se si profilano facciamo capire che aria tira da noi e cerchiamo di smistarli altrove… cero, certo facciamo gli aristocratici.

Poi però nella storia  ci sono stati i Pell e Oss, il Nuovo Mattino, i Sassisti della Val di Mello un Guido Rossa e ci voglio mettere anche gli sconosciuti Tafani delle Apuane. Solo per citarne alcuni che adesso mi vengono in mente.

Roberto è proprio così come hai scritto!! quello che posso dirti è che se chiedi a qualcuno di questi fruitori chi era Edlinger difficilmente avrai una risposta. Ma credo che se gli chiedessi anche chi era Kennedy non saprebbero darti una risposta! ?

E’ chiaro che GA e CAI abbiano tutti gli interessi a mantenere lo status quo (il che, ovviamente, non esclude che al loro interno vi siano singoli, più o meno numerosi, che vedono di buon occhio, o si sono impegnati a vari livelli, per l’istituzione della figura di “maestro di arrampicata”). Il mondo però va avanti indipendentemente da GA e CAI, e infatti chi è veramente interessato alla figura del “maestro di arrampicata” si è dato da fare e ha trovato delle soluzioni. Arroccarsi su posizioni di difesa non sempre è una scelta vincente. Vedremo come andrà a finire.

Crovella. Per la precisione. Non ho abitato negli USA. Ho avuto sulla testa come capi e azionisti gli americani per molti anni. A proposito,anche se non c’entra apparentemente,  ma io sto ormai lontano per scelta dalla palude tossica di Totem e Tabù, mi permetto di segnalare l’articolo di Bill Clinton sull’Atlantic (la rivista di riferimento dei progressisti americani) tradotta oggi sul Corriere. Interessante. Ognuno, inevitabilmente, interpreta il presente alla luce della “narrazione” del suo passato e questo passato influenza e come influenza l’approccio anche ai problemi della contemporaneità. Sia i grandi che noi piccolini. Sia la grande Storia, sia la storia minore di un piccolo ma non tanto settore della società come la comunità della montagna. 

@128 appunto è proprio quello il problema: in genere gli alpinisti forti non hanno veramente voglia di fare gli istruttori, lo fanno più che altro per blasone  non per “vocazione”. Spesso, quando entrano in una scuola, non sanno resistere alla tentazione di dare precedenza alla soddisfazione del loro piacere personale. Quanti di costoro ho visto tirar su a parancate (sosta dopo sosta) gli allievi da vie affrontate solo per il “piacere” personale dell’istruttore “forte”, mentre erano vie esplicitamente non adatte agli allievi del momento. Oppure nello scialpinismo, istruttori che portano allievi su pendii troppo ripidi per costoro ecc ecc ecc. Quelli sono pessimi istruttori: lo dico senza peli sulla lingua.   Non sono tutti così, i “forti”, ci mancherebbe. Ho conosciuto di persona fulgidi esempi di alpinisti/scialpinisti “forti” che sono (o sono stati) ANCHE ottimi istruttori. Ma in genere i “forti” non sono ottimi istruttori, perché antepongono le loro esigenze personali a quelle degli allievi.  Fra un alpinista forte che si macchia di tale peccato e un alpinista medio che invece si dedica con passione agli allievi, preferisco il secondo. E’ molto più utile alla causa didattica. E’, lato direttore, è molto più facile da gestire: è affidabile, non pianta casini, non ha capricci da prima donna (come spesso capita ai “forti”).

@126 Ridi pure che la mamma ha fatto gli gnocchi. Il fatto che tu “non capisca” è conferma di quanto tu saresti distonico nel CAI: meglio perderti che trovarti. Far parte del CAI è un valore etico che prescinde addirittura dall’andar in montagna (che a sua volta è un volare etico e non un semplice sport). Questi deu valori etici, se uno li “sente” dentro e allora è individuo ideale per il CAI, oppure non li sente e allora molto meglio che stia alla larga. E’ come iscriversi ad una università della cosiddetta Uvy Leage (fatevi spiegare da Pasini, che ha abitato negli USA, cosa siano le università della Ivy Leage). Se ti poni il dubbio fra iscriverti ad Harvard o ad un’altra università, che so? es El Paso, vuol dire che non hai la testa e e la mentalità giusta per Harvard: lascia perdere e iscriviti da un’altra parte. Fuor di metafora, noi non solo non corriamo dietro a ‘sti ragazzotti delle sale indoor(neppure alle tutine del cosiddetto scialpinismo agonistico), ma se possiamo cerchiamo di non non coinvolgerli proprio. In genere è difficile che accada. Ripeto che a Torino possiamo permettercelo: abbiamo le due scuole più importanti d’Italia (o cmq fra quelle 4-5 che si giocano tale ruolo), una decina di scuole nel complesso (fa alpinismo, scialpinismo, arrampicata, escursionismo ecc ecc ecc), più le scuole dell’hinterland (anche loro importanti e ben corazzate), abbiamo, contati spannometricamente, dai 10.000 ai 15.000 soci CAI, di tutte le età, abbiamo attività di gite sociali che a farle tutte non bastano 10 vite, abbiamo due rigogliosi “gruppi giovanili” (che accettano ragazzi fin dall’età delle medie e e li formano adeguatamente per farli entrare a 18-20 anni nelle nostre scuole da maggiorenni), abbiamo attività sociale ricchissima sia sul terreno che in termini culturali (serate, biblioteche ecc), abbiamo una pletora di personaggi carismatici di rilievo (vai ai Cappuccini per bere una birra e trovi sempre qualche accademico; vai al CAI Uget e trovi schiere di scialpinisti con le pelli di foca già attaccate sotto la pianta dei piedi)…. ecc ecc ecc. quindi quando parlo di Torino come una delle isole felici, tutto questo intendo.   Con una situazione di questo genere, che ci importa di correr dietro agli energumeni tatuati che salgono sul cemento??? Non solo non corriamo dietro a costoro, ma se si profilano facciamo capire che aria tira da noi e cerchiamo di smistarli altrove…   Evidentemente la nostra è una situazione molta particolare, che ci permette di ragionare in modo “snob”. In altre realtà, di sezioni piccole o di località piccola, probabilemte la situazione è diversa, ma, come ho già detto, io opero (da 54 anni!) all’interno della realtà CAI del torinese, per cui tale realtà per me costituisce il CAI nella sua totalità.   Tutto ciò premesso, riflettendo di prima mattina mentre bevevo il caffè, devo dire che il sottobosco di questi iniziative (di cui non ricordo neppure le sigle tanto sono irrilevanti ai miei occhi) ha il pregio che costituisce il conteso in cui si indirizzano, di loro volontà, quegli individui che probabilmente creerebbero solo dei problemi in seno al CAI. Quindi ben vengano.   Resta però da parte mia il fastidio per questa specie di “colpo di mano” in cui i soggetti in questione prendono in giro le GA in modo diretto e il CAI in modo indiretto, giocando di sponda fra questi due: alle GA dicono che loro sono “assimilabili” al CAI, al CAI dicono che loro fanno concorrenza alle GA, ma in realtà ciò che a loro interessa è cavar soldi infrangendo l’esclusività riconosciuta alle GA. Se io fossi nei vertici massimi nazionali delle GA non ci penserei due volti a spianarli letteralmente, obbligando il CONI a cancellare le voci dal suo ridicolo elenco. Una volta cancellate quelle voci, il problema è risolto alla radice. 

E’ vero, non esistono norme particolari per le falesie mentre per le palestre al chiuso esistono norme precise ma questo non vuol dire che si può fare quello che ci pare in un luogo che non è nostro ed anche se fosse nostro. Non lo può fare il singolo ne tantomeno un’associazione. Se vuoi costruire una ferrata non puoi liberamente stendere centinaia di metri di cavo con i relativi ancoraggi ed accessori, devi redigere un progetto ecc. ecc. come costruissi una casa. Lo stesso vale teoricamente per l’attrezzatura di itinerari in falesia. Ne ho la prova in questi giorni per alcune falesie in Toscana. Una volta che hai attrezzato, sempre che tu abbia il permesso di farlo, ne assumi la responsabilità con tutti i relativi problemi giuridici in caso di incidente. In una palestra al chiuso la cosa è molto diversa perchè la palestra è gestita, delimitata e non di libero accesso e uso. Date retta a me: come ho già scritto fatelo pure ma fatelo di sabato notte possibilmente piovoso e con nebbia

Teo. Grazie della risposta. Avere un quadro attendibile dell’andamento della domanda sarebbe a mio parere importante anche per il tema offerta di formazione/accompagnamento e sua “regolamentazione”. Purtroppo, a differenza di altri paesi, non disponiamo di rapporti fondati su dati quantitativi e possiamo solo basarci su dati qualitativi a livello locale. Manca anche una storia dell’evoluzione delle palestre indoor e dei loro frequentanti. Magari prima o poi qualcuno pubblichera’ qualcosa. Nel frattempo mi sembra che alcuni elementi siano abbastanza certi : 1. Un aumento significativo della domanda complessiva 2. Un peso non indifferente del relativo business: iscrizioni alle palestre, attrezzature, abbigliamento, indotto delle falesie 3. Un aumento della componente femminile 4. Un aumento della diffusione tra bambini e pre-adolescenti attraverso iniziative scolastiche e non solo, anche legate a temi di consapevolezza psico/motoria 5. Un legame indoor-outdoor (falesia) che esiste, anche se difficile da stimare: qualcuno parla del 30%, altri del 50%. Altri potrebbero aggiungere dati di cui hanno disponibilità. Avevo fatto anche una domanda sui dati Cai al candidato ma non c’è stata risposta. Mi rendo conto che è un po’ una deformazione professionale, ma mi sembra difficile trovare risposte realistiche senza un quadro dei fenomeni/tendenze relativi al problema che si cerca di risolvere. 

In realtà Carlo quella della certificazione delle falesie è un po’ una leggenda metropolitana, perché la certificazione di un qualcosa (prodotto, macchina, processo) deriva dal rispetto di una legge e delle norme tecniche associate (le famose uni, Eni, iso, din, Cei, etc.). Al momento che io sappia non esistono norme o leggi che regolino questo aspetto né persone con requisiti di legge specifici (forse chi si avvicinano di più sono coloro con l abilitazione per lavori in fune, che non è detto siano guide). Ad esempio nelle palestre indoor mi hanno detto che esiste una norma per la lunghezza e larghezza dei materassi da mettere, per non cadere fuori. In arrampicata outdoor che io sappia queste norme non esistono. Altra cosa..un conto è chiodare falesia ex novo e un conto richiodato: la richiodatura sarà sempre un miglioramento.

128 averne di alpinisti forti ai quali interessa fare gli istruttori!!!

Mi correggo: sono solo 30 gli anni in scuola centrale. Spero di finire sul podio o per lo meno nella “top ten”

Un’unica nota: occhio ad attrezzare (ufficialmente) delle falesie. Farlo significa prendersi la responsabilità di quella falesia e di quello che si è fatto. Ci sarebbe la necessità di un progetto firmato da un tecnico o da più tecnici abilitati, ditta incaricata ecc,  regolare autorizzazione da parte del proprietario e/o del comune e/o eventuale parco. Non esiste un luogo “libero” , è comunque sempre di qualcuno: demanio, demanio militare, privato e/o società e non si può fare quello che ci pare. Gli aspetti giuridici sono innumerevoli. Se lo si vuol fare come singoli, come associazione o altro facciamolo un sabato piovoso di notte come dei fantasmi. Infine: visto che facciamo a chi la fa più lontano (avrei potuto anche dirla in po’più volgarmente),  personalmente il prossimo anno, se ci arrivo,  (2023) saranno 50 (cinquanta) anni che faccio parte di una scuola CAI ed anche (contemporaneamente) 35 anni in scuola centrale. Credo di averne viste diverse e credo anche ci possa essere spazio per tutti ovviamente facendo le cose a “modino”, come direbbe Benassi. Comincio a sentirmi vecchio A proposito di alpinisti forti/istruttori: averne di alpinisti forti ai quali interessa fare gli istruttori!!!  

Riccardo innocenti, qualsiasi cosa dica gli darei sempre torto, anche se avesse la ragione più assoluta. Ho conosciuto troppo bene questo personaggio, che è dovuto sparire dal CAI e ora è emigrato nelle ASD. Non c’è persona meno stimata nell’ambito del Cai di Roma e nel mondo alpinistico in centro Italia. 

https://www.lastampa.it/montagna/2022/02/14/news/settant_anni_con_le_pelli_sotto_gli_sci_orgogliosi_di_essere_la_prima_scuola_di_scialpinismo_in_europa_-2855200/ “Se vedo anche da lontano uno scialpinista capisco subito se è stato un nostro allievo: da come si muove, da come è vestito». Scusami Crovella ma ho trovato questo articolo e questa frase mi ha fatto troppo ridere..omogenizzi anche il modo di muoversi e vestirsi??

È cambiato tutto. Io ti posso parlare degli ultimi 30 anni, anno in cui sono entrato ufficialmente nel mondo verticale. Classica scuola CAI, e ben venga, timori reverenziali, sogni di salite, ingestione di riviste e libri di alpinismo, allenamenti nella palestra cittadina dove trovavi solo scalatori che poi incontravi fuori la domenica. Ora le sale boulder sono diventate il fitness del 2020, arrivano le persone più improbabili, per età, peso, vestiario:l altra sera è uscito uno con il kimono? questi ragazzi, molti dei quali fortissimi soprattutto in palestra, manco sanno da dove è nata l arrampicata, e manco sanno cosa è il CAI! Siamo di fronte a un fruitore diverso del mondo verticale, che vuole divertirsi e scalare, non gliene importa nulla dei 70 anni di omogenizzazione didattica citati da Crovella. L importante è divertirsi in modo spensierato. Meglio o peggio, non lo so, però è un mondo già cambiato ed è destinato ancora a farlo, e in questo le ASD hanno colto questo nuovo spirito, un vento nuovo e moderno di approcciarsi alla scalata quasi come evento ricreativo ma in primis sportivo. Lo stesso CAI, a cui comunque sono affezionato, dovrebbe prendere spunto per modernizzarsi seguendo queste nuove tendenze. 

Ma tu hai presente chi sono i giovani scalatori di oggi? chi frequenta oggi le palestre? Teo. Me lo sono chiesto più volte anch’io ma le mie osservazioni/informazioni sono superficiali e limitate. Qual è la tua opinione? Vedi somiglianze differenze rispetto al passato? Hai eventualmente dati? Anedotto personale. Sempre nella mia ultima visita alla palestra milanese ho visto arrivare due ragazzi in Porsche Carrera. Subito è scattato il pre-giudizio. Poi mi sono ricordato che anche Gogna ha raccontato qui che si era giocato gran parte dei soldi ricavati dalla vendita della casa mi pare della nonna per comprarsi una BMW rossa o un’altra auto tamarra simile non ricordo bene in pieno periodo “anni di piombo” e allora mi sono detto “occhio alle apparenze”. Per questo mi piacerebbe conoscere il tuo punto di vista o quello di altri con maggiore consuetudine con la nuova generazione di arrampicatori dentro/fuori/in basso/in alto….

@120 parlo a ragione veduta di arrampicata sportiva, cioè “sport”, cioè agonismo. Come aagonismo anche per scialpinismo o agonismo skyrunning. Queste attività, sportive perché esclusivamente agonistiche, non interessano al CAI. Come lo sci di pista agonistico: mica il CAI prepara i futuri atleti da Olimpiadi, ci pensa la FISI, non il CAI. Anche le competizioni di scialpinismo (che infatti io considero erroneamente chiamate cosi, andrebbero chiamate in modo diverso) rientrano sotto la FISI. L’agonismo a noi CAI non interessa (in modo istituzionale, se poi uno lo pratica a titolo personale è altro discorso) e credo anche che ci sia precluso statutariamente. Non ho voglia di andare ora a controllare, ma credo che sia così, quanto meno in termini di non esplicita indicazione nel ns statuto a poter fare agonismo. Il CAI si occupadj altro, cioè dell’andar in montagna, non del fare gare. Ecco perché se un potenziale allievo mi pone la citata domanda, ne deduco che non abbia capito niente; non sa distinguere fra “agonismo” e “andar in montagna”. Se non sa distinguere, vuol dire che non ha afferrato il vero significato dell’andare in montagna. Per esperienza 40ennale da istr e dir so che è inutile caricarsi di gente che non ha chiaro tale concetto. Premetto che questi discorsi li può fare chi opera in scuole grandi e blasonate, in genere di grandi centri metropolitani, dove la domanda è tale che normalmente si lasciano fuori anche 20-25 richieste ogni stagione (per ogni corso delle principali discipline). Scuole più piccole e/o di località  collaterali forse sono costrette a ragionare diversamente. Ma non penso che in località piccole queste iniziative “para CAI” esploderanno in dimensioni e importanza.   Lo stesso per i giovani. Qui a To abbiamo una lunghissima tradizione di “gruppo giovanile”, a sua volta  prodromico per le ns scuole: inoltre spesso i ragazzi/e sono figli di soci di lunga tradizione. Mai e poi mai andrebbero in montagna fuori dal CAI. Piuttosto cambiano completamente interesse sportivo, ma immaginarli in montagna fuori dal CAI qui da noi è fantascienza. Invece può darsi che in altre città la situazione sia differente. Ma io vivo qui e opero nel CAI To per cui questo è l’orizzonte delle mie riflessioni.   Vorrei capire invece un’altra cosa. Mi rinfacciare che confondo arrampicata sportiva (gare) con arrampicata libera (no gare ma su strutture naturali). Non è una confusione. È distinzione voluta. Lì (nell’arrampicata libera) sì che state invadendo campo riservato alle GA (se percepite in qualche forma una retribuzione). Se non è rintracciabile una restribuzione, entrate però in un terreno in cui dovete avere i requisiti formali per accompagnare gente su roccia (gratis). Non nel senso che fate un danno al CAI (sai che danno, ce ne facciamo un baffo di queste iniziative), ma nel senso che un’uscita “organizzata” in ambiente (tale è anche una falesia naturale) presuppone delle responsabilità che non possono non essere accompagnate preventivamente da requisiti di idoneità. Complessivamenteil quadro che proponete resta un gioco delle tre carte che non dà un’immagine di qualità.   Effettivamente siamo molto legati a Gercasutti, nel senso bello del termine. Qualche giorno fa qui è stata inaugurata una targa  in suo ricordo e fra le persone chiamate a dire due parole (tra cui il sottoscritto) c’erano personaggi del CAI, mica di queste iniziative  collaterali. Se uno “capisce” la differenzan ha nessuna esitazione e “sa” a che campo appartiene. Se uno e indeciso, vuol dire che non ha capito che cosa significhi far parte del CAI. Io non gli corro dietro e credo che nessuno qui sia interessato a farlo. 

Scherzi a parte, io comunque vedrei bene Crovella a fare l istruttore di una ASD.

Bertoncelli. Sfondi una porta aperta. Chi non ama l’ironia non ama Gesu’, diceva un noto teologo partenopeo. Come succede a Draghi, che tu chiami con disprezzo il “cabarettista” (disprezzo ingiustificato trattandosi di nobile professione, anche se non certificata da apposito albo e percorso formativo come la GA ) a volte capita a tutti di farla fuori dal vaso e soprattutto in direzione sbagliata. Non preoccuparti: succede in particolare a chi ha guardato sempre le cose dall’alto dei grattacieli di Francoforte o dalla cima delle montagne raggiunte con vie estreme.  Poi è piuttosto frequente ad una certa età, per i ben noti problemi di flusso di noi maschi anziani. Infatti anche Draghi, come tanti altri anche in ruoli meno prestigiosi,  dovrebbe farla da seduto, ma capisco che questo sarebbe un grave colpo da accettare per una virilità alfa e si ostina, anche qui in buona compagnia, nelle vecchie abitudini, con grave disappunto di familiari e cameriere. Come non solidarizzare e comprendere empaticamente? Chi è senza peccato…….saluti

D’accordo con Massari. E infatti, Crovella, si parla di “arrampicata sportiva”, non “arrampicata libera” come dici tu (intervento 104). E non credo che ci sia un “pericolo” per il CAI…

Comunque a me manca Cominetti.

Caro Roberto, che sarebbe della nostra vita se non potessimo neppure scherzare e, scherzando, sorridere? Credo che ormai tu mi conosca: mi piace farlo, come tra amici, e al contempo desidero stemperare gli animi quando la discussione minaccia di diventare aspra. Comunque, se non apprezzi, lo eviterò.   Con simpatia.

Non capisco questo astio feroce da parte di Crovella. Nessuno mette in dubbio la professionalità delle guide alpine o la serietà del CAI, che ha dato e dà la possibilità a molte persone di imparare a scalare. Semplicemente il mondo e le esigenze stanno cambiando, in tutti i settori della nostra vita. E Crovella è ancorato a un modello anacronistico, destinato a cambiare. Ne è prova l’esempio del giovane che gli chiede che scuola di arrampicata fare. Ma tu hai presente chi sono i giovani scalatori di oggi? chi frequenta oggi le palestre? Crovella ha letto troppo Gervasutti ” e al giovane scalatore, alle prese con i primi duri cimenti, ricorderò il motto dell’amico scomparso sulla grande montagna..osa osa sempre e sarai simile a un Dio”. 

Caro Carlo, infatti ski alp race e sport climbing su strutture naturali attrezzate a spit per lo sport climbing sono esattamente le attività che facciamo con gran successo e piacere di chi ci segue e condivide le nostre passioni, le nostre idee e la nostra impostazione associativa.Oltre naturalmente ad occuparci di attrezzare nuove strutture naturali adatte allo scopo a alla libera fruizione di tutti gli altri. Ai posteri l’ardua sentenza ma per ora noi andiamo avanti così.

110. No Bertoncelli, non ho capito perché mi hai tirato in ballo con quel riferimento che nulla c’entrava con le domande che ho posto e con l’interscambio civile con Teo. Evidentemente ti andava e ti diverti così. Contento te. Te saludi. 

@111 sei tu che non conosci me (strano, impazzito su questo blog!). Oltre alla montagna frequento storicamente il mondo dello sport cittadino, della scherma al canottaggio al basket, volley, ecc. So benissimo cos’è il mondo delle ASD, sono anche dentro quelle “robe” lì (in citta’). Ma il punto è quello toccato anche da te: andare in montagna NON è un semplice sport. L’unica parziale eccezione riguarda l’arrampicata sportiva, quella delle gare, e forse le gare di corsa skyrunning e le gare cosiddette di scialpinismo: in pratica l’agonismo. Il resto dell’andar in montagna non è un semplice sport come il calcio o il tennis. Per cui  il coinvolgimento di quelle voci nell’elenco CONI è frutto di un errore o, più probabilmente, di una manovra per accreditare l’estensione di competenza per le ASD. Fino ad oggi non ne ero al corrente: ora che l’ho scoperto, dico senza peli sulla lingua che questa situazione generale mi irrita moltissimo. Per i motivi che ho esposto più volte: volete fare fessi sia il CAI che soprattutto le Guide. Pur non temendo nulla da voi, in quanto istruttore CAI (la vs potenziale concorrenza ci fa un baffo), la situazione va chiarita alla radice. Per cui spero che le GA facciano cancellare le voci dall’elenco del CONI. Purtroppo (per una volta dico perfino questo) non sono una GA, sennò agire in prima persona a tal fine e senza perdere tanto tempo.

Io invece a un giovane che vuole iniziare a scalare direi semplicemente di andare dove lui vede, ai suoi occhi, un vero “Maestro” in cui credere e di seguirlo sia esso guida, tecnico Usacli o istruttore CAI perché nella mia esperienza di atleta, allenatore e formatore mi sono accorto che la patacca, i metodi didattici più evoluti e gli allenamenti più elaborati non contano nulla se davanti a te non hai qualcuno che ti vede come una specie di modello è che soprattutto si fida di te al di là del titolo. Buona serata a te Carlo

Massari. Ho capito Perfettamente. State cercando di costruire un CAI-2 che si insinui fra il CAI e le GA, giocando di sponda fra gli uni e gli altri. Ho già detto che è un male, perché cercare di fare sesso le GA con sta panzanata dell’elenco CONI. Io conto che le GA riescano a zittire, obbligando il CONI a cancellare le voci dal suo elenco. Circa il CAI ho già detto che probabilmente non ci sono ostacoli giuridici per impedirvi di organizzare uscitebin rdgimrvdi volontariato. Dubito però che non cercherete di cavar soldi, ma rientriamo nel primo problema, quello della concorrenza alle GA e c debbono pensare loro. Per il CAI non vi sono problemi in termini di concorrenza, sempre in regime di volontariato, perché abbiamo numeri tali che non partiamo minimamente. Dubito che j veri affezionati al CAI abbiano piacere di collaborare con una CAI-2 mascherato, per cui immagino che i vs spazi di crescita saranno limitati. Per il “poveretti”” deriva dalla conteapposizionevfea una struttura didattica testata da decenni, come quella del CAI, con corsi di formazione nati praticamente dal nulla… Al momento se un giovane mi dicesse “sai sono indeciso fea scuola CAI e scuola alternativa”, io gli risponderei “guarda se non capisci da solo la differenza  di preparazione, di blasone, di importanza, non hai la testa giusta per frequentare unz scuola CAI, quindi vai nell’altra”. Chi ha la testa sul collo  non ha esitazione. Buona serata.  

Crovella, scusa se te lo dico, tu conoscerai il mondo CAI ma non conosci per niente il mondo dello sport. Tutto lo sport dilettantistico(le guide e voi CAI siete in serie A come i professionisti, cosa avete da temere da noi?) in Italia funziona in questo modo le ASD USacli o altre affiliate CONI lavorano con tutti gli altri sport (Calcio, Tennis, Basket, ecc…) come stiamo facendo ora con sport climbing e ski alp da quando sono inseriti nell’elenco CONI; per cui se 1500 guide riusciranno, bontà loro, a far togliere questi sport da quelli di interesse CONI dal famigerato elenco creando un pericoloso precedente per i 500000 mila soci ACLI che fondano su questo le loro attività tutto questo che noi ora facciamo finirà. Altrimenti tutto proseguirà…e io per ora mi godo questo bel momento perché la vita è breve e io sono già in là con gli anni… Ti dico anche la mia opinione del tutto personale: io l’alpinismo non lo vedo bene negli sport di interesse CONI perché uno sport non è ma tant’è che ora è in elenco e se lo volessimo proprio fare sotto forma di corso saremmo attualmente liberi di farlo.

Pasiní, mon cher ami, excusez-moi. Vous n’avez pas compris la blague? ???

E aggiungo che i ragazzi che fanno attività con noi sia di ski alp che di sport climbing non sono affatto “poveretti” ma sono molto contenti. Tra l’altro si sta svolgendo un corso per tecnici Ski Alp che fornirà alle associazioni nuovi tecnici e, guarda caso, gli istruttori sono nazionali o ex nazionali CAI evidentemente stanchi… Sul percepire compensi essi sono certamente previsti sia dall’Usacli per i formatori che per i tecnici per i corsi agli associati  Spero tu abbia finalmente compreso

Ma allora non hai letto nulla…non siamo FASI siamo Usacli e siamo formati come tecnici grazie al famoso codici CONI che ci consentono dì operare in questo modo  Leggi bene la lettera di Innocenti poi magari parliamo con cognizione di causa. Lo possiamo fare e lo facciamo e infatti non è arrivata nessuna denuncia; se non potremo più farlo non lo faremo più… Tutto qui

@91 Appunto vedi che è lì che puntate? Mi prendete in giro, ma il mio istinto mi ha fatto annusare giusto. Ora mettete un piedino ma sperate di consolidarvi e.dk lavarci soldi in barba alle GA da un lato e al CSI dall’altro. In che termini collaborare allo stato attuale? Intendo dire: voi FASI percepite retribuzione anche sulle gite scialpinistiche? Allora è un problema delle GA. Se invece lo fate in regime di volontariato, vorrei capire con quale legittimazione tecnica. Accudite gente durante una gita di scialpinismo con quale preparazione? Voi istruttori FASI, testati sulla sola arrampicata sportiva, vi mettete a fare gli istruttori/accompagnatori di scialpinismo? Ma se per formare un istruttore scialp in seno al CAI ci vogliono dal 5 ai 10 anni… come fate a vendervi per istr di scialp??? Dai vedi che è tutto solo un “magna magna”, un gioco delle tre carte… Poveretti quelli che si affidano a voi. Mi preoccupo per loro, non in termini di concorrenza alle scuole CAI. Queste hanno un blasone tale che nessuno riuscirà a scalfirle: c’è sempre la fila fuori per iscriversi. Piuttosto mi preoccupo per quel neofiti che non sanno distinguere fra offerta CAI “testata” e nuove offerte alternative (abborracciate) e finiscono in mani di chissà chi…  poveretti loro.

Bertoncelli 101. Che te stai a dì? Philippo ? 

Ragazzi (il Benassi e il Raffa), guardate che il Crovella dai colleghi è soprannominato Caterpillar (o qualcosa del genere). Ce ne ha informati lui stesso. Carlo, dico bene?   Se non disponete di missili anticarro Javelin, vi consiglio di prepararvi a un assedio come quello di Troia.

@92 confesso che non comprendo cosa Intendi. Nonostante io non sia d’accordo (,nel limite dell’opinione di un semplice socio CAI), l’arrampicata libera è già presente nell’offerta didattica del CAI: ci sono validi corsi con gradimento dei rispettivi allievi. Che cosa dovremmo fare di più? Inoltre se il CAI, per scelta strategica, scendesse in massa in quello specifico settore… addio ASD…chi se le filerebbe più? quindi i vari Massari & C. hanno tutto interesse chd il CAI restk lontano da quel settore.     Il problema immediato è che nessuno, tranne le GA, può farsi pagare in attività outdoor di montagna. Giustamente ci devono pensare le GA a difendersi. Stiamo a vedere cosa faranno. Se si limitano a inviare comunicazioni al fulmicotone, tutto finisce lì. Io fossi in loro agire sul CONI, obbligandolo a cancellare le voci dall’elenco delle attività. Cosi si depitdnzisno le ASD alla fonte. Però ci sono mille altre scelte. Vedremo. Buona serata!

@97 guarda che hai equivocato. Mai detto e mai pensato che NON si debba fare attività personale, anzi. Dovresti rileggere, anche perché non ho voglia di riscrivere il tutto. Il succo è: bisogna saper cambiare cappello fra le uscite private e quelle ufficiali delle scuole. Chi non cambia cappello e, anche nelle uscite della scuola, antepone la ricerca del proprio divertimento personale all’accudinento degli allievi, rischia di non essere un buon istruttore, anche se, come alpinista, magari è fortissimo. Ciao!

@95 seconda parte. Con gli organi predisposti. Come ogni istruttore CAI In primis Il direttore della scuola di appartenenza, poi la Commissione regionale e la Scuola regionale, infine la Commisione Nazionald e la Scuola Centrale. Si vede che dove opero io abbiamo prassi molto diverse ms mi risulta che siano valide sull’intero territorio nazionale. Conosco alcuni componenti della Scuola Centrale: se sentono discorsi comd quelli che fai tu, ti strappano i gradi seduta stante. Cmq l’accenno è che non mi devo preoccupare io, per fortuna, se sei allineato perfettamente o no con le direttive centrali. Ciao!

Pasini! Che cos’è ‘sto Philippo? Roba che si mangia? Un dolce delle tue parti? E tu l’hai mai assaggiato? Ti è andato di traverso?

@Teo: infatti, a livello personale, mi pento e mi dolgo di non aver ancora messo le mani sulla NO e su tante altre pareti da sogno. Rimedierò quanto prima! ?

Letto il commento n. 5 e visto il commento n. 94, si concede parola all’imputato Cominetti. Sappia egli che, in difetto di difesa, sarà condannato a inventarsi altra battuta, almeno pari a quella del presunto plagio.   Augh! Cosí ho deciso in nome del popolo del GognaBlog.  ???

Però il Philipp rimane il Philipp:))

mi permetto solo di evidenziare una cosa -banale- che rischia di perdersi nella discussione: è il Cai stesso che richiede ai propri istruttori di avere una costante attività alpinistica, riconoscendone il valore primario per trasmettere passione ed esperienza. Pena -in casi estremi ma non troppo- la perdita del titolo. Istruttori E alpinisti (sempre della domenica, ca va sans dire). Sotto questo profilo non solo quindi non sono d’accordo con l’opinione di Crovella (legittimo che ne abbia una diversa), ma nemmeno con la rappresentazione che fa dell’istituzione, partendo da una visione parziale delle norme. Il quadro generale deve tenere ben presente anche i requisiti richiesti ai titolati e qualificati (istruttori) e gli aggiornamenti dell’attività svolta. Aggiungo: lo stesso Cai sta spendendo molto tempo nell’ammodernamento della didattica, avendo ben compreso che il linguaggio verbale veicola una minima parte del messaggio. Affinché quindi la “lezione” venga ben sviluppata, è quantomai necessario che chi istruisce abbia solide competenze in ambiente e anche un certo livello tecnico, in modo che anche solo con i propri gesti e atteggiamenti possa insegnare. Mi si permetta però una concessione: “hai fatto il Philipp-Flam?” era una domanda tanto in voga negli anni ’80 forse (io non li ho vissuti da alpinista, ci sono solo nato), come riporta anche il Di Bari nel suo bellissimo libro (“Il fuoco dell’anima” S-T-U-P-E-N-D-O!!)… utilizzarlo ancora oggi come metro di paragone lascia un po’ il tempo che trova… In chiusura un accenno a chi lamentava l’assenza del casco in falesia: non ho modo di ripescare le carte, ma almeno al corso da istruttore regionale che ho fatto io veniva insegnato di portarlo. Nel mio piccolo, cerco di portarlo anche nell’attività personale, oltre che in quella “istituzionale”. Giusto l’appunto sollevato, che però deve evidenziare più una carenza delle persone che non dell’istituzione (la quale ne ha ben altre).  

@ Francesco al 94. Se la battuta al 5 non è di Cominetti, allora non mi fa ridere.

@83 non è a me che devi render conto (per fortuna!): mi limito a sottolineare che, quando dici che “prima di tutto sei un alpinista e poi un istruttore”, in questo sbagli. Nel senso che sei in contrasto con le regole generali del modello didattico CAI.  E’ a loro che devi render conto, non a me. Dal mio punto di vista la tua impostazione è sbagliata perché occorre saper cambiare cappello: quando si è in gita privata è legittimo esser “alpinisti”, quando si è in uscita ufficiale è obbligatorio esser “istruttori”. L’alpinista forte è anche un buon istruttore se sa cambiare cappello. Se non ci riesce, non è un buon istruttore. Cmq devi vedertela con gli organi preposti e quindi io non me ne preoccupo più della tua situazione (sinceramente non me ne importa neanche granché).

ARIDAGLIE  continui a non capire. Non è che rendo conto a te, anche se il tuo animo dittatoriale lo vorrebbe. Mi sto solo confrontando con te. Confronto di idee, di concetti. Ragionare di alpinismo durante un corso non vuol dire mettere in pericolo la vita delle persone. Stai sereno io sono un istruttore prudente, te l’ho premesso: ” nel rispetto delle regole, della prudenza e della salvaguardia dell’allievo e dell’istruttore (che viene davanti a tutto)” . Mica voglio finire in galera. Però non si possono tagliare le ali al pulcino che vorrebbe spiccare il volo. Le basi per farlo bisogna dargliele. E chi meglio lo può fare se non la persona che ha esperienza!! Che ha un vissuto alpinistico. Se un allievo , magari intraprendente, mi fa una domanda sull’alpinismo solitario (cosa a me capitata diverse volte durante i corsi) ,  cosa gli dovrei rispondere  che in montagna da soli NON ci si và!! Non si fa!! E’ una balla!! L’alpinismo solitario esiste . E’ scritto lui libri,  su internet. Gli dovrò rispondere che è una pratica molto seria, molto rischiosa, che va praticata con maturità, preparazione e coscenza e che non è per tutti. Ma non gli posso dire che NON va fatto. E comunue gli dirò anche che l’alpinismo solitario, con tutti i suoi pericoli, è una delle forme più belle per praticare la montagna.

Cmq devi vedertela con gli organi preposti e quindi io non me ne preoccupo più della tua situazione (sinceramente non me ne importa neanche granché).

Con chi me la dovrei vedere…??? Scusa se mi permetto, ma qui mi fai veramente ridere. Poi che a te non te ne frega nulla del prossimo è cosa risaputa.

La battuta nel commento #5 che Cominetti butta là come fosse sua ovviamente non lo è, ma fa figo appropriarsi di frasi altrui senza citare la fonte. L’autore è Marcello Marchesi.

Giustissimo Raffaele e anche di ski alp race, le cosiddette “tutine” Peraltro è quello che facciamo noi con i nostri tecnici in collaborazione con uno sci club affiliato CAI. E chi ci guadagna non è nessun altro se non lo sport di giovani partecipanti alle attività.

Sono INA del CAI dal 2002, Istruttore dal 1994, e partecipo da tanto tempo ai corsi di arrampicata e di alpinismo della mia scuola, oltre ad andare in falesia e montagna per conto mio. Credo anche io come Massari che per l’arrampicata sportiva l’evoluzione sia ormai in atto, i numeri lo dimostrano e la normativa si adeguerà allo stato di fatto (se già non si è adeguata, come dice Innocenti). E’ vero che una minima parte dei soci CAI arrampica, ma se il CAI non vuole perdere il treno deve adeguarsi. Perchè allora non pensare a creare squadre di giovani arrampicatori sportivi del CAI?

Crovella, ti sei perso dei pezzi… o forse non hai letto bene… Noi facciamo già tutto; con lo ski alp collaboriamo con il CAI attraverso un suo sci club e abbiamo anche una guida che collabora con noi…

@85-86 Infatti a titolo strettamente personale, da sempre io non vedo bene che il CAI abbia anche i corsi di arrampicata libera o sportiva che dir si voglia. Ho diversi amici, istruttori CAI che si sono infatuati di arrampicata libera e fanno egregiamente l’istruttore in quel settore. I Corsi sono ben fatti e graditi dagli allievi. Ciò nonostante io sostengo che l’arrampicata libera/sportiva NON faccia parte dell’alpinismo, dell’andar in montagna e quindi non dovrebbe rioentrare nell’ambito CAI. E’ uno sport a se stante e quindi il CAI NON dovrebbe occuparsene, così come non si occupa di kayak o si hydrospeed.  Ma non sono io che posso decidere, dipende dalle alte sfere.   Però attenzione che fate una gran confusione di concetti, mescolando cose che devono restare separate nei discorsi a tavolino. Non voglio ripetere tutto dall’inizio.   Se il problema è farsi pagare (dalle ASD e, a cascata, per i singoli collaboratori) anche in avvenimenti in ambiente (es falesie naturali), allora entrate in conflitto con le GA, non con il CAI. Ci penseranno le GA a difendersi.   Con il CAI potreste entrare in conflitto se le ASD vogliono andare “oltre” l’arrampicata e organizzare anche uscite di escursionismo, alpinismo, scialpinismo, ancorché gratuite. Per esser legittimati a gestire queste attività (ancorché in regime di volontariato) NON basta esser istruttori FASI, dovete o incamerare istruttori CAI (abilitati alle diverse discipline) o “costruire” la vs struttura didattica, analoga e parallela a quella del CAI, con la differenza che ci metterete almeno 10 anni per averla (e forse non bastano). L’attuale struttura didattica del CAI è il frutto di 70 o 90 anni (a seconda di dove si prende l’inizio) di progressivi miglioramenti. Non è quindi una bazzecola da costruire.   Sul fatto che le ASD si mettano (prospetticamente) a fare uscite in discipline che non siano l’arrampicata, io non m i preoccupo per la concorrenza verso i rispettive attività CAI: siamo ben corazzati e ci fate un baffo! Mi preoccupo per quei poveretti che, ignari, si iscrivono alle vs uscite pensando di affidarsi a esperti delle singole discipline, mentre voi siete esperti esclusivamente di arrampicata. Superare il 6 C non ha niente a che fare con la valutazione del manto nevoso durante una scialpinistica.  La mia sensazione invece è che il mondo ASD, conquistato il diritto (a mio avviso infondato) di occuparsi a pagamento anche di arrampicata outdoor, prima o poi si dica: “E perché non estendere la ns attività anche a escursionismo, alpinismo, scialpinismo ecc ecc ecc?” E’ lì che entrate in conflitto con il CAI, sempre ammesso che facciate queste cose gratis (io non ci credo, ma quello è un problema delle GA). Siccome non avete a tiro vostri istruttori abilitati alle varie discipline, “venderete” la competenza degli istruttori FASI come estendibile a tutto il mondo della montagna. Dell’arrampicata libera non mi interesso e quindi non me ne preoccupo, resta il fatto che se in qualche modo vi fate pagare violate l’esclusività prevista per le GA.

Giovannino, ne sono convinto anche io. Anche se credo ci sarebbe spazio per tutti.

Come peraltro, caro Crovella, sta accadendo da qualche anno e probabilmente tu non te ne sei mai accorto e nessun ha mai avuto, come il sottoscritto, nessuna diffida… Perché non è solo Usacli a fare sport climbing outdoor ma anche FASI e UISP (per ora perché presto ci arriverà anche XEN)

Teo, per me, l’arrampicata sportiva outdoor nel giro di pochi anni e appena questa nuova realtà si sarà consolidata sarà esclusivo appannaggio delle varie ASD UISP, ACLI, FASI e di qualche guida. Presto ogni palestra avrà i suo tecnico e porterà i propri associati ad arrampicare fuori, come peraltro sta accadendo un po’ dappertutto e nessuno si scandalizza più di tanto…

Non è compito del CAI chiodare le falesie..e allora fammi capire perché il CAI organizza corsi di arrampicata libera, visto che non è nei suoi scopi sociali a questo punto..cosa credi che le falesie nascano chiodate? Però, in virtù dei tuoi Regolamenti e burocrazia varia vorresti vietare a un’associazione che chioda sul territorio (con fatica, sudore, costi, rischi) di diffondere l arrampicata..tu ASD metti i soldi e chioda le falesie che poi arrivano i corsi di arrampicata libera del CAI, che non partecipa alla spesa, a insegnare l arrampicata..se il CAI non cambia negli anni sarà destinato a scomparire o peggio, a rivolgersi solo più a escursionisti ed in effetti sarebbe un gran peccato.

@83 non è a me che devi render conto (per fortuna!): mi limito a sottolineare che, quando dici che “prima di tutto sei un alpinista e poi un istruttore”, in questo sbagli. Nel senso che sei in contrasto con le regole generali del modello didattico CAI.  E’ a loro che devi render conto, non a me. Dal mio punto di vista la tua impostazione è sbagliata perché occorre saper cambiare cappello: quando si è in gita privata è legittimo esser “alpinisti”, quando si è in uscita ufficiale è obbligatorio esser “istruttori”. L’alpinista forte è anche un buon istruttore se sa cambiare cappello. Se non ci riesce, non è un buon istruttore. Cmq devi vedertela con gli organi preposti e quindi io non me ne preoccupo più della tua situazione (sinceramente non me ne importa neanche granché). I protocolli sono molto chiari, in un commento precedente ho fatto copia e incolla: basta saper leggere. E’ quel manifesto l’insieme delle regole cui doversi attenere. L’opinione del singolo, a maggior ragione se addirittura nemmeno socio CAI (come afferma Teo di se stesso) è del tutto irrilevante. Concludo con una considerazione generica (senza alcun riferimento personale): un istruttore che continua a permanere nell’organico, ma che sbandiera visioni diverse e addirittura contraddittorie rispetto a quelle della Commissione, è in aperta contraddizione. deve decidere: o si adegua o se ne va.   Per l’84: non fa parte del CAI l’obbligo di chiodare le vie, sia di falesia che di montagna. Meno che mai della componente didattica (=insieme scuole CAI, cioè Commissione, vedi sotto il manifesto). Alcune sezioni lo hanno fatto (in modo locale) e vanno menzionate, così come alcune Guide, sia individualmente che come associazioni locali. Non potete criticare il CAI rinfacciandogli di non aver fatto quello che non tocca a lui fare. 

Totalmente d accordo con Benassi. Prima di tutto l istruttore deve essere un esempio, un maestro che ha fatto salite, un certo tipo di salite. Crea curiosità e affiliazione nell’ allievo, e conseguente emulazione. Non basta sapere a memoria 50 manovre per essere un istruttore completo e poi non essere mai andato all Eccles o in Civetta. Parere personale. E ribadisco comunque ampia stima di coloro che spendono il loro tempo nell’insegnare. Ma lo scritto di Crovella è l esempio di quanto è distante il CAI dalla realtà, manifesti, burocrazia, intenti, e poi per chiodare ad esempio le falesie della Val Pennavaire dove anche le Scuole CAI vanno, dobbiamo sperare che ci sia un ASD che faccia il lavoro! Però per chiodare, che è mestiere delicato, vanno bene e nessuno ringrazia, ma per insegnare a scalare..eh no, non sono preparati perché non seguono il protocollo in vigore da 70 anni contenuto nel manifesto programmatico protocollato sotto la supervisione del Presidente, vistato dalla Commissione e pubblicato sul Regolamento. Ma per favore..

te l’ho già detto Crovella. Prima di essere un istruttore sono l’alpinista Alberto Benassi. Quindi nel rispetto delle regole, della prudenza e della salvaguardia dell’allievo e dell’istruttore (che viene davanti a tutto), ci metto del mio.   Visto l’impegno e il sacrificio che ogni istruttore ci mette, dato che lo si fa a titolo di volontariato,  credo che questo spazio personale sia anche dovuto.  

@80 accipicchia equivochi sempre su tutto. Scrivo in maiuscolo non per “urlare”, ma quando voglio differenziare il mio intervento da ciò che riporto nello stesso commetto tramite copia e incolla (in questo caso il modello ideologico della CNSASA).   E’ con quel documento che devi fare i conti, non con me. La CNSASA, con diverse evoluzioni, esiste da molto tempo, fin dagli anni ’30, (quindi ben prima dell’84, data da te segnalata come inizio della tua attività da istruttore). Le opinioni dei singoli NON hanno rilevanza rispetto alla regola generale.   Sono talmente tanti, gli istruttori CAI, che se si lasciasse singola libertà interpretativa si finirebbe nell’anarchia più completa. Le regole sono stringenti e valgono per tutti. Sono riassunte nel modello segnalato: ognuno deve confrontarsi con tale modello e, se si riconosce, è ben accetto nella comunità didattica del CAI. Se non si riconosce in tali regole e/o sente stretto il laccio al collo, dovrebbe interrogarsi sulla congruità della sua permanenza all’interno della struttura CAI ed eventualmente farsi da parte.

interessantissimo dibattito tra pretendenti al trono, ma il trono qual è? Ovvero: cosa vuole “la gente” oggi? Da chi è composta la platea di possibili clienti paganti che vogliono avere accesso alla passione verticale, e quale offerta sarebbe adeguata a questi? Ve lo siete chiesti? Credo di no, o non abbastanza, direi… Anziché commentare sui cavilli e controcavilli di leggi inadeguate (che in realtà mettono a nudo il pessimo sistema legale italiano, ormai noto colabrodo a livello mondiale), mi pare si stia perdendo di vista il punto chiave: capire chi è adeguato a fare cosa in una situazione di mutatis mutandis. Io vedo diverse “esigenze”, da quelle classiche a quelle nuove. E avrei anche un paio di spunti interessanti… Partiamo dal classico: io piccolo borghese di Milano in crisi di mezza età voglio fare il monte bianco.  Nulla di più facile e ovvio: mi affido a una guida, faccio un eventuale percorso di avvicinamento e poi con l’aitante GA tento la vetta. Pago e ringrazio. Diciamo “guida classica”. Direi che poche sono le discussioni. Poi andiamo nel misto, in tutti i sensi. Voglio imparare a spiccozzare, e posso scegliere se affidarmi a una GA come singolo (costoso ma valido), o un corso fatto dalle varie guide o sezioni cai di un tot di week end in gruppi di pochi. Già più abbordabile, non sto a giudicare. Legalmente tutto tranquillo. Ferrate e canyoning sono invece terreno minato, vorrei non parlare ora (anche perché non mi appassiona e le ferrate le schioderei tutte). Poi ci sono i corsi di arrampicata…. e già qui l’affare si complica, e un po’ di nodi si presentano al pettine. Cos’è l’arrampicata? Uno sport? Un’attività Outdoor? Una disciplina olimpica? Un modo di vivere? Tutte queste cose messe insieme?!? Forse. Vediamo. Se i “clienti” sono una pletora di amici che vogliono divertirsi e provare delle esperienze in falesia, in sicurezza (mio dio, ho detto “sicurezza”?) si prendono una guida che li pascola a dovere e organizza le cose per limitare i danni. Se siamo in palestra… boh? Istruttore FASI? ACLI? GUIDA ALPINA? BABBO NATALE? Dipende!!! Dipende se il cliente in questione vuole imparare a scalare per divertirsi, se vuole imparare le tecniche di sicurezza, se sta facendo fitness che il crossfit è out, o se vuole fare l’8a (o forse il 9a). Per le prime due esigenze chiunque dei sopracitati va bene. per chi invece vuole fare “sport”, eventualmente agonismo, o peggio ancora bambini o ragazzini, nessuno di questi è minimamente titolato, ma neanche da lontano. Le GA devono avere la terza media, gli istruttori fasi e Acli credo neanche quella… Cosa ne sanno di teoria dello sport, di muscoli, di tendini e di crescita? Nulla o poco più. Non lo dico con cattiveria. Ci sono dei signori che si diplomano in scienze motorie che fanno questo di mestiere. Altri un fisioterapia. Poi il vuoto. E dire che c’è il modulo di allenamento o che c’è la pliometria nella dispensa a pag 28 non basta… Nessuno di costoro è preparato per intercettare il pubblico delle palestre dal punto di vista atletico/sportivo. Ed è una delle grandi richieste del 2022 mi pare. Detto questo, come si va incontro alle esigenze dei clienti, quelli veri che esistono e pagano? Parlo di quelli che vogliono fare i Boulder gialli della palestra, magari il campionato regionale o l’8b+, magari solo il 7b, quelli insomma che equivalgono ai dilettanti dei vari sport come calcio o ciclismo, e sono decine di migliaia ormai (i tesserati fasi credo siano ormai 200.000! Sono questi i numeri del business che le varie categorie vorrebbero intercettare)! Infatti le palestre sono il nuovo terreno di conquista, mi pare… La proposta è quella dividere il pubblico in base alle categorie di esigenze, e istituire per gli “atleti”, o appassionati che siano, un “patentino” di autosufficienza nelle manovre. Che sgravi l’allenatore (e ho detto apposta allenatore, non guida o istruttore) dai rischi (legali) dalla parte di sicurezza e lo faccia concentrare solo sulla parte tecnica, muscolare, motoria. Sarebbe ridicolo prendersi una denuncia per abuso di professione se si fa da assicuratori (pagati) a Ondra, ma in Italia sarebbe possibile! Si potrebbe ovviare con la formula che Ondra prende il suo “patentino” di scalatore indipendente e autosufficiente (rilasciato secondo una standard magari europeo da una guida o un ingegnere), l’assicuratore/preparatore atletico pure e via, si procede verso una nuova professione liberi di esprimersi e consci delle proprie responsabilità. 

Crovella non urlare scrivendo maiuscolo. Non sono sordo. Non cerco l’accordo con te siamo troppo lontani. Cerco solo di dire la mia opinione. Prima di essere un istruttore Cai sono un alpinista che fa la propria attività alpinistica  con passione.  E’ chiaro che si insegna la manovra fatta come Dio comanda. Ci mancherebbe altro. Per me  la manovra è in funzione della passione e non il contrario. L’alpinismo si fa con la passione e non con il manuale. Per fare certe ascensioni ci vuole passione, voglia di faticare e di mettersi in gioco. E questo io come istruttore lo dico. Sono un cattivo istruttore?   Può darsi.

PIU’ CHE ACCORDARTI CON ME, DEVI CONFRONTARTI CON L’IMPOISTAZIONE GENERALE CHE LA COMM NAZ (CNSASA) “impone” A TUTTE LE SCUOLE E PER ESTENDISONE A TUTTI GLI ISTRUTTORI. ANCHE PER INTERESSE DI ALTRI LETTORI, COPIO QUI IL MANIFESTO DELLA STESSA CNSASA, DA CUI SI EVINCE CHE, FRA GLI OBIETTIVI DIDATTICI DEL CAI, NON E’ MINIMAMENTE COMPRESO LO SPECIFICO OBIETIVO DI “CREARE” ALPINISTI FORTI. Essi possono essere una lieta conseguenza, ma non l’obiettivo istituzionale. Parimenti ai fini delle regole didattiche del CAI i parametri su cui si misurano gli istruttori NON sono quelli del proprio CV di pregio. Ne consegue che un alpinista “forte” è ben accetto ma se in primis è un bravo istruttore, non solo perché è “FORTE”. Anzi se l’alpinista è forte, ma (magari proprio per questo, come ho spiegato) non è un buon istruttore, implicitamente si sostiene che è “meglio perderlo che trovarlo”. MANIEFSTO PROGRAMMATICO DELLA CNSASA La Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Scialpinismo  ha lo scopo di promuovere e favorire lo sviluppo dell’Alpinismo, dello Scialpinismo e dell’Arrampicata in tutti i loro aspetti tecnici e culturali, con particolare attenzione ai problemi della prevenzione degli infortuni. Nell’ambito delle finalità statutarie del Sodalizio e in accordo con gli indirizzi programmatici del Comitato Centrale di Indirizzo e di Controllo orienta, coordina, uniforma e controlla l’attività pratica e didattica delle Scuole di Alpinismo e Scialpinismo e Arrampicata del Club alpino italiano. Controlla l’attività e cura la formazione e l’aggiornamento degli Istruttori di Alpinismo, Scialpinismo e Arrampicata Libera del Club alpino italiano. Indirizza tecnicamente e moralmente l’attività Alpinistica, Scialpinistica e di Arrampicata Libera delle Sezioni e dei singoli Soci. In base all’articolo 2 della legge n.776, 24/12/1985, svolge la propria attività a favore sia dei Soci del CAI sia di altri. Promuove la pubblicazione di monografie e dispense sia di carattere tecnico che culturale. Collabora con altri Organi Tecnici Centrali ad iniziative per l’effettuazione di prove di laboratorio e pratiche su attrezzi, materiali e tecniche. Attua ogni iniziativa che possa favorire la divulgazione delle attività alpinistiche in genere, nel rispetto della sicurezza in montagna.

La storia è piena di istruttori che hanno tirato su a forza (a volte montando innumerevoli paranchi, sosta dopo sosta) gli allievi da vie inadatte a questi ultimi, ma a cui gli istruttori non avevano saputo rinunciare quel giorno, proprio perché hanno anteposto il divertimento personale alle esigenze degli allievi. Questi esempi limite sono dei pessimi istruttori, non degli ottimi istruttori.

Su questo sono d’accordo con te. L’istruttore non è li per se stesso,  ma per l’allievo.

Non è detto che se uno ha fatto la Walker sia un ottimo istruttore in automatico, anzi. L’esperienza personale da organizzatore di corsi mi ha fatto toccare con mano che, normalmente, se un individuo è “forte” a titolo personale, raramente è davvero un ottimo istruttore, anche sul piano della trasmissione dell’entusiasmo e della passione.

Se l’istruttore ha un attività personale di buon livello e sopratutto  su ogni tipo di terreno, ben venga, perchè può raccontare e trasmettere  delle esperienze di ampio raggio. La differenza la fa la persona e non la patacca.

l’obiettivo del mondo didattico del CAI NON è creare alpinisti di punta, ma alpinisti “medi” che si muovono sempre in sicurezza e prevenzione.

Se muoversi con sicurezza e prevenzione vuol dire inculcare la sicurezza a suon di attrezzature e tecnologia che invade sempre più l’ambiente e le pareti, è un obbiettivo che non condivido. Il corso deve gettere le basi, le fondamenta da cui partire per una crescita personale,  sapendo che ognuno di noi ha dei limiti e che questi limiti si possono spostare con la dovute cautele. Gli entusiasmi non vanno assopiti.  

@76 ha equivocato. E’ sottinteso che c’è anche quella componente che dici tu, nella funzione didattica, e non “solo” le manovrine. Anzi quella che hai espresso tu è forse la componente più importante. Ma anche da questo punto di vista è realisticamente difficile che un alpinista davvero “forte” a titolo personale si auto-limiti a fare l’istruttore: in genere tende a preferire il soddisfacimento individuale anche nell’uscita della scuola e ciò a scapito dell’efficacia verso gli allievi, anche in termini di trasmissione di entusiasmo.   La storia è piena di istruttori che hanno tirato su a forza (a volte montando innumerevoli paranchi, sosta dopo sosta) gli allievi da vie inadatte a questi ultimi, ma a cui gli istruttori non avevano saputo rinunciare quel giorno, proprio perché hanno anteposto il divertimento personale alle esigenze degli allievi. Questi esempi limite sono dei pessimi istruttori, non degli ottimi istruttori.   Quindi NON è in genere l’alpinista fortissimo a titolo personale ad essere un efficace stimolatore. A volte capita, conosco molti casi, ma spesso capita il contrario. Ci vuole un equilibrio molto labile e difficile da ottenere.  In ogni caso l’ottimo istruttore ha delle qualità che prescindono dal suo CV personale (come sottintendeva Teo). Non è detto che se uno ha fatto la Walker sia un ottimo istruttore in automatico, anzi. L’esperienza personale da organizzatore di corsi mi ha fatto toccare con mano che, normalmente, se un individuo è “forte” a titolo personale, raramente è davvero un ottimo istruttore, anche sul piano della trasmissione dell’entusiasmo e della passione.   In ogni caso le linee guida della Commissione Nazionale sono ben chiare (vedi i ripetuti manuali pubblicati,  i programmi per partecipare ai corsi selettivi, i programmi da attuare nelle scuole e nei corsi-sennò non ti rilasciano il nulla osta, ecc ecc ecc): l’obiettivo del mondo didattico del CAI NON è creare alpinisti di punta, ma alpinisti “medi” che si muovono sempre in sicurezza e prevenzione. Se poi alcuni allievi hanno dei talenti personali e, a titolo individuale, crescono fino ad arrivare a fare la Walker. in loro uscite individuali, tanto meglio. Ma si tratta di casi isolati e NON dell’obiettivo del modello generale della didattica CAI.

sono un istruttore di alpinismo cai dal 1984 e NON sono completamente d’accordo con quanto scritto da Crovella nel precedente intervento. Vero ai corsi si insegnano le corrette manovre per  praticare la montagna e l’arrampicata con (una certa) sicurezza. Ma NON sono d’accordo che questo debba essere il solo spirito e unico scopo di un corso. Lo trovo molto, molto  riduttivo. Un corso e un istruttore oltre alle corrette manovre, che restano fondamentali, dovrebbero trasmettere una cultura della montagne , stimolare una passione, aprire un mondo a chi non lo conosce o lo conosce solo in parte. Un istruttore dovrebbe trasmettere una serenità d’animo a vivere un’ambiente impegnativo e pericoloso. Se è un corso di alpinismo stimolare la passione per l’alpinismo che NON  è sapere a memoria la manovrina. La sicurezza non è assoluto non è garantita e questo un istruttore lo deve dire.  

@72 mi metto in seconda fila rispetto al parere dell’avvocato “puro”, ma tuttavia (in un’ottica di confronto di idee) ribadisco che:   – Finché non viene aggiornata/sostituita la legge 6/89, non può esser messo in discussione il principio dell’esclusività delle GA a farsi remunerare in attività di montagna.   – Per quanto riguarda accompagnare persone in montagna in un regime di volontariato (quindi GRATIS), ci può stare che il mercato si apra a più soggetti oltre al CAI (anche se non nascondo che a titolo strettamente personale la cosa mi infastidisce).   – Ma il tema chiave è: l’elenco del CONI (che io contesto, perché unilaterale e in contradizione con una legge – cui dovrebbe soccombere –  ma finché non viene cancellato è in essere) prevede le attività di montagna per le ASD.   – Però, attenzione, sono le ASD ad essere autorizzate da sto benedetto elenco CONI, e NON gli istruttori FASI in automatico. La distinzione è determinante. Finche la ASD, in base all’attuale situazione, porta i suoi soci in ina falesia monotiro, seppur falesia naturale e outdoor, ci può anche stare che a guardar il gruppo (purché GRATIS) sia un istruttore FASI, in quanto la struttura a monotiri, ancorché naturale  e non in cememto (indoor), è di competenza di uno che ha superato i corsi FASI.   – Ma questo non può valere per le altre attività citate dall’elenco CONI: alpinismo, scialpinismo, escirsionismo ecc. A mio parere è lì l’oggetto del contendere anche a livello gratuito con il CAI. Ovvero: vogliono le ASD mettersi a fare gite sociali di escursionismo, alpinismo (es 4000 vie normali), scialpinismo? Lo possono fare (sulla base dell’attuale elenco CONI), ma devono dotarsi di adeguati soggetti accreditati sulle singole discipline. L’istruttore FASI non lo è in automatico.   – Ergo la sensazione è: questo mondo cerca subdolamente di accreditarsi nel’ambiente outdoor, attraverso la pantomima dell’elenco CONI, senza averne i requisiti formali a livello individuale. In più sperano, una volta consolidata questa realtà con gli anni, che la gente non ci faccia più caso e di cavarci qualche soldarello, in barba all’esclusività delle GA. In pratica l’obuiettiv o è infilarsi nell’interstizio attuale fra GA e CAI dicendo agli uni (le GA) che fanno gratis come il CAI (mentre sotto sotto prima o poi fanno saltar fuori del soldini) e agli altri, il CAI, che nel volontariato c’è posto per tutti… (sì, ma occorre esser accreditati sulle singole discipline, anche se si opera gratuitamente). In pratica voglio fare le guide senza dare l’esame da guida, parliamoci chiaro.    – Per questi motivi, io propendo per fare piazza pulita di questa situazione, eradicando il problema alla fonte (cancellare le voci dall’elenco CONI). Le autorità competenti a livello nazionale, sia di GA che del CAI (ecco di cosa dovrebbe occuparsi il candidato presidente e non di dialogare con gli stockholders della montagna (!)), devono agire per far cancellare le voci dall’elenco CONI o almeno per definire con stringentissimi paletti l’attività connessa a tali voci.   – Se le autorità nazionali non agiscono nelle opportune sedi (politiche e giudiziarie), l’esistenza dell’elenco CONI avvalora le attuali tesi del mondo ASD, consolidando una situazione che, giorno dopo giorno, sarà sempre più difficile da correggere/estirpare

@70 apprezzo la concordia con la quale esprimi le tue tesi, ma sulle Scuole CAI sei davvero fuori strada. L’obiettivo delle Scuola CAI è insegnare (agli allievi) un modello, testato nel tempo, su come affrontare la montagna, in sicurezza e prevenzione. Per l’efficacia dell’insegnamento agli allievi, detto modello deve essere recepito e interiorizzato dagli istruttori. Il modello didattico CAI è ormai consolidato da successivi miglioramenti di anno in anno (da almeno 70 anni!) e, soprattutto, è uniforme a livello nazionale. Ovvero un istruttore , che sia piemontese,o friulano o siciliano, insegna sempre lo stesso “modello” di approccio alla montagna. Questo avviene perché i programmi per i corsi di valutazione sono uguali in tutto il territorio nazionale.   Da questo punto di vista la qualità prestazionale del singolo istruttore (ovvero se sa fare il 6c o se ha fatto la Walker, ecc) è del tutto estranea. Anzi per esperienza ti posso dire che chi è un ottimo alpinista (ancorché amatoriale, ovvero dedica solo il tempo libero alla montagna), in genere NON è un ottimo istruttore. Avendo fatto il direttore di Scuole e corsi (anche di alpinismo/escursionismo/canyoning) ho verificato questo per esperienza diretta. Infatti capita spesso che l’ottimo alpinista si diverta solo su alte difficoltà e quindi sia “indisciplinato” a fini didattici, quindi poco efficace. L’ottimo alpinista ha “voglia” di fare il 6c, quel giorno, e non di rompersi le palle a insegnar i nodi a quattro imbranati sul IV grado… QUEST’ULTIMO E’, invece, IL VERO OBIETTIVO DELLE SCUOLE CAI.   le Scuole CAI NON sono “squadre corse” per alpinisti di punta: non sono né l’Accademico, né i Ragni o gli Scoiattoli. Ragionare come ragioni tu, con riferimento alle Scuole CAI, è proprio concettualmente sbagliato.   Nella realtà capita anche che l’ottimo alpinista  possa essere un ottimo istruttore (ne conosco alcuni) ma solo se fa un bagno di umiltà (chiamiamolo così) e quel giorno porta si dedica agli allievi, rinunciando al “divertimento” personale. Non è così diffuso questo approccio da parte dei “forti”, anzi. Devo dire che nel mio ruolo di direttore, in passato, mi è capitato di discutere aspramente con istruttori (alpinisti “forti”) su questo tema e in un caso sono addirittura arrivato alla conclusione che quel soggetto era addirittura un elemento negativo per la Scuola, paradossalmente proprio per le sue elevatissime capacità prestazionali, cui non sapeva rinunciare nelle uscite ufficiali. Naturalmente la decisione di escluderlo è stata ratificata dall’assemblea istruttori, che si è rivelata compatta sul tema, a conferma della mentalità e degli obiettivi didattici del CAI. Ovvio che in un quadro metropolitano, con ampia scelta di istruttori, è più facile rinunciare a uno o alcuni istruttori, tanto c’è la fila fuori per entrare in Organico. in altre realtà più piccole è diverso e a volte occorre “mandar giù” le bizze delle prime donne…. Ma gli istruttori che sono in primis “forti” alpinisti/arrampicatori non sono (normalmente) un bene per l’efficacia didattica in montagna.

Per 57: il CAI di Roma, in particolare la sua Scuola Paolo Consiglio, ha spesso finanziato l’attrezzatura di falesie nel Lazio. E credo che non sia un esempio unico.

Ciao a tutti, mi piace sempre leggere i commenti su questo blog, però a volte vanno un po’ a ruota libera ? Senza avere la pretesa di dare una risposta alla “grande domanda” (la legittimità di insegnamento da parte delle ASD di arrampicata e alpinismo: la lettura semplice della L. 6/89 pende dalla parte delle ragioni di Cominetti e delle guide, ma le ragioni presentate dal mondo USACLI sono tutt’altro che “cavilli da azzeccagarbugli”…io faccio l’avvocato e non vedo l’ago della bilancia pendere in maniera così netta su un piatto come vorrebbero alcuni commentatori, ma ammetto di non aver approfondito la questione a lungo pur avendo letto tutto quello -ed è molto- che il blog ha offerto), vorrei offrire alcune precisazioni importanti : – non vi è dubbio che il legislatore dell’86 volesse affidare un’attività certamente pericolosa a soggetti precisi: un ente pubblico per il lato volontaristico, soggetti iscritti a un albo per il lato professionale. Questo a garanzia di coloro i quali -impreparati- volessero affidarsi ad essi. L’aspetto sportivo tuttavia apre nuovi scenari affascinanti. Ci sono tante discipline sportive pericolose per le quali non sono previsti particolari percorsi formativi a garanzia, altre invece sì (sub, paracadutismo, ecc)… vedremo come si evolverà la questione che a noi preme. – “il collaboratore sportivo prende fino a 10.000€ di rimborso spese”. Falso. Riceve un compenso per l’attività che svolge presso l’ASD, i cui primi 10.000 euro sono esentasse. E sono loro i primi a chiarire il punto file:///C:/Users/seren/Downloads/5%20IL%20COLLABORATORE%20SPORTIVO%20DILETTANTISTICO%20DELL%E2%80%99USACLI.pdf I rimborsi spese sono altresì previsti (a fronte di giustificativo) ma sono altra cosa. – per i soci CAI sono altresì previsti rimborsi spese, sempre a fronte di giustificativo. C’è poi da vedere quali sezioni riescono davvero a rimborsare i propri istruttori, i quali non di rado ci (ri)mettono del loro. E comunque anche qui nulla di illegale né di cui scandalizzarsi. Resta comunque volontariato. – sulla chiodatura (mi riferisco a Teo) non è facile esporsi con interventi ufficiali: servono spalle larghe che molte sezioni non hanno. Però se rileggi certi commenti puoi capire tra le righe come questo non fermi certi volenterosi dal voler comunque contribuire alle spese delle falesie… – sui paragoni guide/istruttori cai: sono un appassionato istruttore Cai, mi piace studiare manovre ecc… ma bisogna per chiamare le cose col loro nome: le manovre che studiamo e che poi vengono insegnate sono ben poca cosa rispetto al bagaglio tecnico di una guida. C’è una disparità di ore nella formazione palese. Questo non significa che un istruttore cai non sia preparato per fare la propria opera, ma solo ridimensionare gli ambiti.   

Gentile Teo. Il problema della chiodatura delle falesie è molto complesso e purtroppo non può essere affrontato come tu pensi e dici. L’esperienza francese lo testimonia. Comunque il CAI fa molto, molto di più che chiodare o richiodare falesie. Spende moltissimo per far crescere la sicurezza di chi frequenta la montagna organizzando corsi a costi ridotti e facendo accurati studi su metodi e materiali.  Sarebbe anche auspicabile che tu prima di tranciare giudizi sulle capacità di parecchie centinaia di Istruttori ti informassi adeguatamente. Vedo inoltre che non hai compreso a fondo quello che Crovella ha scritto in alcuni interventi relativi alla funzione delle Scuole ed alla formazione e aggiornamento degli Istruttori. Tuttavia ogni opinione deve essere rispettata soprattutto se posta con educazione come tu hai fatto e pertanto io rispetto la tua.

Nessuna disistima degli istruttori CAI, che svolgono un lavoro encomiabile di volontariato. Dico che non tutti hanno una preparazione così elevata, se ad oggi fai un sondaggio nelle scuole quanti tra IA e INA hanno nel CV almeno 4-5 salite classiche di ampio respiro (es. Pilone, Walker, Philipp Flamm, NE Badile, etc.)? Quanto tra gli istruttori di arrampicata libera hanno il 6c a vista in falesia? L’affiliazione spesso è molto più importante dell’ ortoprassi per trasmettere la passione dell’ alpinismo o della scalata. Non serve sapere a memoria 50 manovre se poi non dai un esempio efficace. E poi il CAI..trovo assurdo che un ente che parla di montagna e alpinismo non stanzi a bilancio, a livello nazionale, un fondo per le chiodature da destinare ad esempio alle sue Scuole di alpinismo in modo che possano sistemare itinerari nelle zone di competenza. Ecco perché guardo con favore a queste ASD che possano portare una ventata di entusiasmo e novità nel nostro piccolo mondo.

@68 due tweet. 1) ammesso che questi tizi siano preparati, lo sono esclusivamente sull’arrampicata, mentre la sensazione è che ci sia intenzione, passetto dopo passetto, di estendersi ad altri campi fino s completare tutte le attività della montagna, vedi elenco CONI che mette voci quali alpinismo,  scialpinismo ecc. Questo non va bene: preferisco stroncare sul nascere queste velleità. Gli istruttori FASI si devono limitare al loro campo di azione: io li limiterei alla sola arrampicata su cemento (indoor) e non li farei andare neppure su falesie naturali montoro. Ma cio’che è certo è che sicuramente non possono, istituzionalmente, andare su terreni in quota e/o occuparsi di altre discipline, es scialpinismo. 2) Sulle azioni giuridiche concordo con te. Una bella azione “severa” presso la procura vale più delle inutili raccomandate. Ma io farei di più. Farei un’azione a tenaglia stringente: agire, a livello sia politico che giuridico, sul CONI per obbligarlo a cancellare quelle voci dal suo benedetto elenco. Si stronca il problema alla radice: cancellate le suddette voci dall’elenco CONI, il problema non esiste più. Le ASD potranno ancora esistere, ma NON si occuperanno più di attività di montagna. Però io non faccio parte delle GA, per cui le loro azioni politico-giuridiche non le decido io. Staremo a vedere. Contraccambio con una richiesta: di che zona sei? La domanda ha un fondamento. Vedo che hai una stima complessivamente negativa degli istruttori CAI: poiché non corrisponde alla realtà nazionale, consolidata da un modello didattico molto ben testato (la Commissione Nazionale esiste da 70 anni, le prime scuole, quelle più prestigiose, risalgono addirittura agli anni ’30), mi stupisce questa tua disistima. Può darsi che il CAI delle tue zone sia purtroppo poco “brillante” e ti estendi a livello generale questa realtà. È l’unica spiegazione che so darmi di questa distonia. Ciao!

Crovella, innanzitutto non mi sembra siano professionisti perché non accompagnano nessuno in montagna o ad arrampicare a titolo personale. Io non credo che se fossero dei fuori legge pubblicizzerebbero così la cosa e porterebbero tranquillamente in giro la gente nel 2022, non credi?Poi mi piacerebbe sapere su che basi dici siano poco preparati. Hai mai partecipato ad un loro corso? Io so che c e gente di altissimo livello e preparazione, vedi ad esempio Massari. Ben più che nel tuo amato CAI. Ma poi vedo la questione molto semplicemente: se davvero si crede ci sia un abuso di professione, invece che inviare lettere di quel tono, le guide facciano un esposto alla Procura della Repubblica di modo che ci sarà un qualche giudice che emetterà una sentenza. Mi viene da pensare che probabilmente le guide con una lettera tentino di chiudere la questione così, perché se mai un eventuale sentenza fosse favorevole all ASD, le guide non potrebbero più eccepire nulla. Poi a me non tocca, perché non sono e mai sarò istruttore di nessuno, ma credo che in questo paese queste posizioni così radicali siano davvero deleterie per tutti. Ciao ciao

@54 Non faccio nessun minestrone, il problema è articolato e presente diversi risvolti. Se ne identificano almeno due di primaria importanza: il presunto professionismo di questi soggetti, in violazione dell’esclusivita’ riconosciuta dalla legge alle Guide, e la loro preparazione, non certificata da “bollini” al seguito di corsi assodati da decenni.    In più il tema che ha scatenato l’azione del Presidente delld Guide Liguri è la pretesa di costoro di uscire da contesti indoor e operare anche outdoor. Vedi primo di questi due articoli. Pericoloso sul piano legale e di responsabilità. Se proprio sono riconosciuti  (tutto da dimostrare, specie come professionisti)  finora detto solo aria fritta), almeno si limitino al solo indoor, dove cmq i rischi ci sono eccome, visti i racconti.   In contesti  di outdoor, questi soggetti danno idea di esser doppiamente irregolari: nei confronti delle guide, per il discorso professionale, e nei confronti anche del mondo CAI perché costoro non hanno una preparazione all’ambiente esterno.   La loro difesa è incentrata su questo benedetto elenco stilato dal CONI, evidente tentativo di bypassare la legge 6/89. Tale elenco crea ambiguita’e qui di va cancellato. Il tema è ancor più problematico in proiezione futura. Infatti proprio da questo articolo qui sopra (risposta alla diffida delle guide), ho appreso che l’elenco comprenderebbe anche voci come alpinismo, scialpinismo ecc. Ora  io ritengo che il mondo FASI debba limitarsi alla cosiddetta arrampicata su cemento: che poi la struttura in cemento sia indoor o su un piazzale poco rileva. Personalmente escludereidal loro ambito già le falesie naturali. È già tirato per i capelli che costoro portino gente su falesie naturali, figuriamoci poi se, in prospettiva, si ritengono “legittimati” a portar gente sui 4000 oppure a far gite di scialpinismo. Infatti prendiamo il modo di ragionare (sarebbe piu’ adeguato dire “sragionare”) di tal Teo come esempio della loro mentalita’. È già un modo di ragionare completamente sbagliato sia per il cemento che per le falesie naturali, figuriamoci per ambienti di alta quota o percorsi innevati!!!!!   Quindi io farei un bel “piazza pulita” dell’elenco CONI. Cancellare titte le voci relative alle attività “alpinistico-arrampicatorie”. Cosi’ stronchiamo alla fonte l’equivoco di cui si sta parlando. Dovvrebbero agire legalmente e congiuntamente sia i massimi vertici delle Guide sia quelli del CAI: ecco un bel suggerimento al Candidato per la Presidenza Generale del CAI, vedi articolo di qualche g fa!

Teo. Sono contento che ci siamo intesi sui temi della sicurezza. Quella espressa qui da alcuni non è ostilità verso il nuovo che emerge in risposta ai bisogni emergenti ma preoccupazione per le garanzie. È un fatto di probabilità. Alcune “istituzioni” garantiscono standard omogenei che risentono meno delle qualità dei singoli. Questo non significa che non si possano trovare anche fuori dai canali “istituzionali” tradizionali delle procedure adeguate di garanzia, ma bisogna lavorarci bene, senza pregiudizi ma neppure forzature e allargamenti un po’ strumentali di spazi che, stando a quello che dicono altri più addentro di me nei problemi giuridici, già esistono e sono codificati. Che poi le qualifiche formali non garantiscano a livello dei singoli al 100% siamo d’accordo. Alla fine della scuola di roccia&ghiaccio andammo in due con il nostro istruttore a fare una via facile classica di cresta in Grigna, in scarponi perché non si usavano allora le scarpette. Era aprile e c’era ancora neve. Il nostro istruttore per fare in fretta, visto che diventava tardi ed eravamo lenti, fece una cosa contraria a quanto ci era stato insegnato nel corso e rischiammo la pelle. Al momento non ne fui pienamente consapevole ma lo capii dopo. Però quello che imparai alla scuola, compreso l’arcaico scendere alla Piaz senza discensore, non l’ho dimenticato mai e una volta mi è pure servito per togliermi dai guai senza l’attrezzatura. Quindi quel pistola del mio istruttore, poi diventato un caro amico, mi fece rischiare la pella una volta, ma me la salvo’ altre volte grazie ai suoi insegnamenti codificati dalla tradizione. E io sono grato per questo alla veneranda istituzione, anche se poi non mi sono più iscritto e solo l’anno scorso sono rientrato per trovare qualche compagno di gita. Buone arrampicate. PS. Pure io controllo il nodo con il compagno, magari non 20 volte ma lo controllo perché, meno ne hai davanti, più apprezzi la Vita e non sopporti gli sprechi ? 

Ma infatti Roberto, io non l ho mai sottovalutata, anzi. Personalmente mi controllo il nodo 20 volte. Dico solo che per insegnare a scalare in falesia in sicurezza non ci va chissà quale professionalità. Gli incidenti che citi sono veri e realistici. Ma quello che ti chiedo è se sai il grado di esperienza che aveva l assicuratore, se aveva seguito un corso, etc…inoltre qui tutti parlano di sicurezza..ma quante guide, istruttori vedi con il casco in falesia? Basta un moschettone che cade dall’ alto. Tu dirai ma che c entra con l insegnamento? C entra eccome, l esempio fa insegnamento, e l insegnamento fa sicurezza.

Mereu. C’entra Antonio. C’entra eccome. E mi hai ricordato il rumore del corpo contro il pavimento del papà di due bimbi che ho soccorso in palestra nella periferia milanese dove si veniva ad allenare nell’intervallo di mezzogiorno. Caduto per lo stesso motivo: uso sbagliato del grigri. E la faccia pietrificata del compagno che continuava a fissarsi incredulo l’imbrago e io che gli urlavo chiama il 118 c…zo. Il punto di partenza che penso ci accomuni tutti, professionisti, istruttori, dilettanti, tapascioni è che arrampicare, anche indoor, è un affare serio e va affrontato con serietà e affidabilità di competenze da parte di chi insegna o accompagna e da parte di chi lo pratica. Ricordo una palestra, su un molo a New York, dove per farmi accedere alle pareti mi fecero un test su come facevo sicurezza e mi imposero il casco. Mi meraviglia che Teo, con la sua esperienza di 30 anni, tenda a sottovalutare la dimensione tecnica di questa passione. Io dopo 50 anni di modesto ma fedele esercizio di questo gioco che ha contribuito a segnare la mia vita, ancora faccio domande, cerco di imparare da quelli più bravi e dai professionisti di cui sono amico, leggo quello che esce sui materiali e le procedure. Forse ho dei deficit cognitivi. Non ho il minimo dubbio che anche gli istruttori delle ASD di cui si è parlato condividano la stessa visione. Da qui, da questa base, si può partire senza acrimonia per trovare soluzioni efficaci e realistiche che diano garanzie, per quanto possibile, che certe scene non accadano, grazie ad una formazione e ad accompagnamento affidabile esercitato da persone con solide competenze verificate costantemente (che poi possono sbagliare, ma questa è un’altra storia). Perché anche se gli incidenti accadono a pochi sul grande numero quei pochi contano e pesano, soprattutto se con poco si potevano forse evitare. 

https://www.up-climbing.com/it/boulder/news/questione-guide-enti-usacli-montagna.   

Il senso era chiaro e per molti versi condivisibile. Quello che volevo dire io è che per imparare ad usare un gri gri non è necessario avvalersi di una guida o di un istruttore CAI e che l errore comunque può capitare davvero a tutti. Celebre il nodo mal fatto di Lynn Hill. 

Lo so lo so Avevo scritto un pistolotto sul Coni che prestava più orecchio e attenzione alle novità del decennio piuttosto che il Cai ancorato in sosta che non riesce a soddisfare la domanda che cresce come scrive Crovella nella fine del post 47 ma mi è uscito quello del grigri …sarò pazzo ?

Scusa Antonio ma che c entra con la questione? È ovvio che in questa disciplina è meglio non improvvisarsi scalatori guardando un tutorial, e siamo tutti d accordo, ma qui la questione è ben diversa. Detto ciò, ho visto mettere gri gri al contrario e fare errori anche a gente molto esperta. Anni fa un ottimo alpinista con alle spalle salite come la nord dell’ Eiger fece schiantare la fidanzata perché la corda finì..

Spero di non offendere e di non eccedere con il macabro;sapete che suono ( rumore ) fa una testa quando si spacca sbattendo sulla roccia? Io purtroppo si e non lo dimentichero’  e nemmeno quel giorno ; uso improprio di Grigri come discensore da parte di un ragazzo mi pare di Roma nella palestra dei finanzieri al Falzarego. Quando mesi dopo ripresosi da intervento ricostruttivo di calotta cranica  e successivo  coma farmacologico lo andai a trovare in ospedale  a Ca’Foncello,provai a fargli notare lo sbaglio e che forse era il caso avesse continuato ad arrampicare  ,fare un corso AR base. risposta;…” ma dai!esagerato non è così “! Forse avrei dovuto guardare meglio dentro nella sua materia grigia prima di tamponare con maglietta … Non centra molto con il botta e risposta 1 e 2 ma non ne sono del tutto sicuro.

E aggiungo anche questo. Quanti di voi se comprassero un auto usata griderebbero allo scandalo se la voltura dovesse passare obbligoriame te dal notaio piuttosto che da un agenzia di pratiche auto? Credo tutti. Qui è la stessa cosa. Stiamo parlando di una disciplina sportiva olimpica che non ha bisogno di guide che hanno fatto selezioni durissime per essere insegnata!

 Qualcuno sostiene che queste ASD riconosciute dal Coni siano illegali, mentre mi sembra che ciò non sia vero dalla lettera di Innocenti, e infatti nessuno ha ribattuto davvero su quella lettera, ma continua a parlare per convinzione personale. Il coni inoltre è l organo di governo deputato allo sport sotto la vigilanza del Consiglio dei ministri, cosa che il CAI ad esempio, non è. Qui ci si scandalizza su due cose: la presunta scarsa preparazione degli istruttori e vorrei sapere su che basi lo dite e il rimborso spese. Ora, a parte il fatto che il rimborso è fino a 10000 euro, non credo che nessuno raggiungerà mai quelle cifre per dei corsi organizzati, ma qualora li raggiungesse, togliendo spese per benzina, eventuali pasti/cene, usura materiale, secondo voi ci si camperebbe?lnoltre so che qualche ASD usa parte o gran parte dei proventi dei corsi per attrezzare nuove falesie, cosa che nessun Collegio delle guide fa (che io sappia) e nessun CAI fa. Anzi, tranne isolati casi, il CAI non mette a bilancio manco mezzo euro per un fondo chiodature.  Però scuole CAI, corsi guide vanno a scalare in quei siti sistemati da privati che magari hanno ricevuto fondi proprio dalle ASD. Il CAI parla di sicurezza ma perché non stanzia a bilancio ogni anno tot euro per rivedere soste, punti di assicurazione, etc.?? Il mondo poi va verso una liberalizzazione, e ben venga, basta con caste e ordini professionali vari. 

Per quanto attiene poi ai rimborsi spese, nessuno osi affermare, salvo prove e dimostrazioni concrete, che un Istruttore CAI percepisca 10.000 euro annui di rimborsi. I rimborsi per i corsi si aggirano ai pochi euro della benzina e a qualche pranzo/pernottamento in caso di attività di più giorni. Parliamo di poche decine di euro. La giacca, recentemente fornita dal CAI, è stata regolarmente pagata dagli istruttori! Sempre a carico nostro tutta l’usura dei materiali, i rischi di ogni tipo etc etc. A mio avviso 10.000 euro sono eccessivi come rimborso spese salvo darne dimostrazione con documenti etc etc come in qualsiasi altra attività commerciale.

 Nella mia zona da sempre conviviamo con iniziative FASI in grande amicizia e serenità proprio perché non ci sono interessi economici da preservare e la passione per l’arrampicata ci unisce ( a volte in maniera anche critica ma serena). Parlare tuttavia di assenza di rischi in falesia e di comportamenti corretti non mi sembra davvero realistico. Passo moltissimo tempo in falesia e ne vedo di tutti i colori. Gente che assicura a 10m dalla parete in modo discutibile, rinviaggi saltati, nodi a fine corda non fatti, manovre di moulinette ,,,,; personalmente dico sempre  sorridendo che il Santo protettore dei climbers non dorme mai (anche quello degli sci alpinisti è sempre sveglio) ! Per non parlare della didattica d’arrampicata dove a volte mi metto nei panni del neofita e mi chiedo come, al termine della giornata non butti via tutta l’attrezzatura! Cosa accadrà quando (e accadrà) si verificherà un incidente dove da una perizia dovesse emergere una responsabilità dell’istruttore/accompagnatore? Fatti  gravi sono già successi, con margini di casualità altissima; non voglio qui ricordarli perché ancora provocano dolore. Le Assicurazioni, prima di pagare, vorranno accertarsi sull’inquadramento legale dell’attività; non possono certamente pagare se l’attività è esercitata  da operatori non abilitati. Non basterà allora il “parere pro veritate” di un legale ma occorrerà ben altro. Andrà di mezzo perciò il malcapitato (perché in buonafede) istruttore e il presidente della ASD che dovranno pagare a causa di un quadro normativo non chiaro e che ciascuno applica “tirando la giacchetta dei legali” dalla propria parte. Entreranno perciò in gioco considerazioni sul tipo di responsabilità ( contrattuale o extracontrattuale) dove protocolli, metodi, aggiornamenti, esperienze che oltre a migliorare la sicurezza in generale giocano, se applicate, a favore del malcapitato istruttore .

Secondo me Crovella stai facendo un po’ un minestrone. Preciso che io non ho alcun interesse né nelle ASD né nel Cai né nelle guide. Prima sembra che il problema sia la preparazione, poi i rimborsi. In falesia, spiegami quali manovre così complicate bisogna saper fare: sono davvero tre manovre, che 30 anni fa nessun corso CAI insegnava a fare! Ma in falesia si andava già! Io credo che nessun volontariato ASD sia un professionista, perché professionista è colui che porta a fini di lucro e a livello personale un qualcuno. Qui si tratta di corsi con giusti rimborsi spese per benzina o cena, come d altra parte hanno anche gli istruttori CAI (e qui non aggiungo altro..)

@51 temo tu abbia equivocato: non intendo assolutamente dire che istruttori CAI sono “forti” come le guide. Dico che per prepararsi sul piano delle manovre, sia di normale progressione che di emergenza, occorre studiare e recepire un modello standard, omogeneo per tutti (tra l’altro questo significa che ogni istruttore CAI ha lo stesso livello di preparazione, che sia piemontese o friulano o siciliano: per cui gli allievi in tutta Italia ricevono lo stesso messaggio didattico). Tutto ciò rende i corsi per istruttori CAI (sottolineo per la parte manovre) forse non ugualissimi ma certamente comparabili a quelli delle GA. La parte manovre è praticamente la stessa perché si basa su pari modello ideologico e didattico.   Discorso diverso sul piano della capacità di progressione: qui fra GA e istruttori CAI vi sono delle differenze, nel senso che, ai loro corsi, le GA debbono obbligatoriamente saper salire su certi gradi (in genere elevati) di difficoltà, mentre per gli istruttori CAI i livelli obbligatori sono (molto) inferiori. Ciò non toglie che vi siano istruttori che, con un approccio totalmente amatoriale, performano molto bene a titolo personale. Ma questo poco rileva ai fini delle Scuole CAI perché l’obiettivo delle Scuole CAI NON è realizzare uscite ufficiali di altissimo rilievo tecnico, bensì insegnare agli allievi un modello omogeneo e standard di approccio alla montagna. In lena teorica tutti gli allievi dovrebbero uscire da tutte le scuole italiane del CAI con la stessa preparazione.   IN CONCLUSIONE: a mio parere nulla osta se il mondo ADS reclama uno spazio di “accompagnamento” ed anche di “formazione” (degli allievi) PURCHE’ tutto ciò avvenga in un contesto di volontariato. Entrate in competizione con il CAI, la cosa a me personalmente indispettisce-lo confesso, ma a livello giuridico NON ci sono ostacoli. PERO’ I RELATIVI PERSONAGGI DEVONO ESSERE TOTALMENTE VOLONTARI, cioè DILETTANTI, E NON PERCEPIRE NEPPURE UN EURO, neanche sotto forma di rimborsi spese o altre voci “ambigue” che mascherano retribuzioni camuffate. E’ questo che vi interessa? A esser sinceri direi proprio di no. Il tema che vi sta a cuore è un altro: vi interessa cavarci del denaro.   Allora: SE VOLETE RECLAMARE UNO SPAZIO DI OPERATIVITA’ PROFESSIONALE IN MONTAGNA (OUTDOOR e non solo indoor), PER QUEL CHE VEDO, NON AVETE TITOLO PER CONTRAPPORVI AL PRINCIPIO DI ESCLUSIVITA’ CHE LA LEGGE RICONOSCE SOLO ALLE GUIDE. L’elenco del CONI (al di là che, ai miei occhi, è una pagliacciata ridicola nel contenuto) NON ha pari valore giuridico se comparato con una legge dello Stato: le soccombe, per cui è come se non esistesse, non vi “legittima” a fare un bel niente in modalità outdoor (dove indiscutibilmente vige l’esclusività professionale delle GA). DOVETE ARRIVARE A FARVI FARE UNA APPOSITA LEGGE CHE AGGIORNI O SOSTITUISCA QUELLA IN ESSERE (cioè la 6/89). In assenza, non avete titolo per esercitare una professione per la quale NON avete i requisiti di legge.    Quindi, anche se io non frequento abitualmente il “mondo” delle guide, sul punto esprimo la massima solidarietà e il più grande sostegno per il loro ruolo professionale. In una montagna intasata da confusione e pasticci vari, di tutto abbiamo bisogno, tranne che dei “professionisti non abilitati”. Ciao!  

Il tutto va visto certamente nell’ottica odierna e possibilmente senza riferimenti prestazionali su chi è più bravo, altrimenti non se ne esce più.Come qui affermato da un commentatore anonimo (che sto cercando di scoprire chi è per farci due chiacchiere guardandoci negli occhi): L’ARRAMPICATA E’ SPORT OLIMPICO. Premesso che il CONI non ha mai brillato per correttezza nel suo agire, ma questa è un’altra storia, da quello che mi risulta le competizioni di boulder, lead e velocità si disputano su strutture artificiali omologate che possiamo definire “indoor” anche se alcune si trovano all’aperto, cioè outdoor.L’arrampicata indoor è già appannaggio di istruttori e allenatori FASI (emanazione del CONI, se non sbaglio) mentre il terreno naturale/outdoor non lo è.  Non lo è perché ricade nel campo d’azione professionale delle guide alpine. Lo dice la legge, non di certo me medesimo.Anche sorvolando sulle inesattezze sparate sulla legge 6/89, che le guide alpine hanno tentato per decenni di cambiare aprendo ANCHE le regole a figure professionali parallele (leggi Maestri di Arrampicata, Canyoning, speleo e altre…), e sul fatto che “per arrampicare serve conoscere 4 manovre in croce” tralasciando tutta la parte dell’attitudine che invece si sviluppa in un lungo apprendistato anche indoor, resta il fatto del professionismo.Chi oggi sostiene che la falesia e l’indoor siano strutture che si equivalgono sa benissimo di mentire anche a se stesso. E parlo di tanti arrampicatori che conosco anche personalmente. E, scusatemi, ma sarei un arrampicatore anch’io. Restare dilettanti retribuiti come vorrebbero fare in molti è e sarà l’aspetto verso il quale i professionisti avranno sempre più frecce al loro arco e, di pancia ma anche col cuore, dico che la battaglia sarà lunga e dura ma verrà combattuta. E il perché è già stato lungamente discusso su questo blog.Prima di chiudere vorrei ribadire a Giovannino che le ASD nate per aggirare il fisco sono numerosissime ed è facilissimo capire quali siano. Ciao.

Premetto che io non faccio parte di nessuna ASD ma accolgo con favore questa nuova opportunità, che è normata dal Coni come qualsiasi altro sport. Scalo da più di 30 anni ma non ho mai fatto parte di nessuna scuola di alpinismo. Encomio agli istruttori CAI per il tempo che dedicano, ma dire che sono come le guide mi sembra che, forse, tu abbia preso un gigantesco abbaglio e parli più di “pancia” che con il raziocinio e l oggettività.

@48 Parli così perché non conosci evidentemente i corsi per diventare isturttori titolati CAI. In generale: faccio riferimento all’alpinismo/arrampicata nella loro versione “montana”  (Massari ha usato il termine outdoor, non penso intendesse solo palestre indoor), non a quella che si fa su strutture in cemento e in un’ottica competitiva. Quella non la considero neppure arrampicata, figurati. Ma credo che il pomo della discordia sia altro. Gli istruttori CAI sono valutati secondo “protocolli” ormai consolidati da decenni di progressivo affinamento. Non scappa niente. E’ praticamente impossibile che un qualsiasi istruttore non conosca la corretta esecuzione di una qualsiasi manovra. Questo vale di sicuro per i titolati, che appunto vanno ai rispettivi corsi (accreditati e riconosciuti), ma anche per i sezionali e aiuto-istruttori che, se vogliono frequentare le loro scuole, non possono certo “ragionare” e comportarsi in modo distonico rispetto al modello generale. Sulla preparazione degli istruttori c’è da mettere la mano sul fuoco, come se fossero guide. Viceversa non c’è pari garanzia dal vs mondo.

Mi accorgo solo ora che il commento 46 di Pasini giunge più o meno alla stessa conclusione: il modello proposto, magari perché ancora “imberbe”, non offre garanzie oggettive (il “bollino” per gli accompagnatori/formatori). Visto dall’esterno il tutto appare completamente auto-referenziato. In montagna NON si può impostare le cose così. Se volete maggior credibilità, dovete lavorare su questo sepcifico punto: elaborare un meccanismo che sia, mutatis mutandis, il corrispondente dell’inquadramento delle GA. A mio modesto giudizio, prerequisito di tutto ciò è un doveroso inquadramento giuridico che oggi manca o quanto meno non si rivela evidente. Dovete farvi fare una vostra legge corrispondente alla 6/89, con un vs Albo, ve regole, vs assicurazioni, vs inquadramento fiscale ecc ecc ecc. In assenza è tutto fondato su aria fritta. I presupposti saranno anche di assoluta buona fede, ma finché manca l’inquadramento giuridico è solo “zona grigia”.

Crovella, l arrampicata è sport olimpico. E poi vogliamo parlare della preparazione di certi istruttori CAI? Certificati poi da chi? Da altri istruttori CAI..

@42. Sarà, ma non mi convinci. Si vede che io sono “vecchio” e abituato all’impostazione storica, per la quale ci sono solo due canali: i professionisti riconosciuti (le GA, ma anche i maestri di sci nel loro specifico) e il CAI per il volontariato. Che c’entra il CONI? Si preoccupi degli sport olimpici, la montagna “non agonista” – che NON è uno sport ma molto di più e soprattutto di diverso – non è competenza del CONI.  Per cui, fra GA da una parte e CAI dall’altra, il resto è lì a metà, è appunto una zona grigia, indefinita, ambigua,  non è ben chiaro che cosa vogliate (o, meglio, è chiarissimo, ma non volete dirlo esplicitamente: volete fare un lavoro retribuito senza prendere il brevetto da GA…). Se volete farlo come lavoro remunerato, dovete essere GA, secondo me lì non ci piove proprio. Se volete farlo come alternativa al CAI questo già è più ipotizzare (nel senso che può esser un’ipotesi quella di infrangere il monopolio del CAI nel volontariato della montagna-anche se a me dispiacerebbe moltissimo, ovviamente), ma allora NON lo potete fare come lavoro, ma solo come volontari non retribuiti . Sul punto della vs formazione io continuo a pensarla che solo le GA da un lato e gli istruttori titolati CAI dall’altro hanno un “bollino” di certificazione, conseguito al termine di corsi con tutti i crismi. Può darsi benissimo che alcuni di voi siano ottimi istruttori (oltre che ottimi alpinisti/arrampicatori a titolo personale), ma NON siete certificati come accade per GA e per istruttori CAI. Se oggi tu apri un’iniziativa, magari tu sei affidabile, ma una corrispondente iniziativa aperta domani da un altro senza la tua stessa esperienza e preparazione può essere “pericolosa” sia nelle sue uscite ufficiali sia per eventuale imprecisione nella formazione dei clienti (che poi si schiantano in loro uscite private).  Chi verifica sia prima (prima di prendere un brevetto autorizzativo) sia durante l’esercizio della sua attività? Nessuno: è quella la zona d’ombra che non convince. State cercando di “strappare” una autorizzazione che ai sensi della legge dell’89 non penso proprio sia fondata. Con ciò la cosa a me personalmente non cambia la vita, perché non sono interessato né come GA (che teme una concorrenza indebita) né tanto meno come istruttore CAI, stante il fatto che non riusciamo ad accettare tutti quelli che vorrebbero iscriversi…

Mai detto. Dico solo che ci vogliono delle graranzie. Possibilmente indipendenti e non auto-referenziali.

Sono d accordo Roberto ma stiamo parlando di due casi, e magari capitati a persone esperte. Un po’ come per le valanghe, dove anche le guide non ne sono esenti. Però tu parti dal presupposto che gli istruttori di queste associazioni non siano preparati!

Teo. I numeri che abbiamo  a disposizione sono quelli che sono a livello di completezza e analiticita’. Lo so benissimo. Quello che voglio dire è una cosa ovvia per chi ha un po’ navigato. Arrampicare in falesia e persino indoor non è un’attività esente da rischi e non è così banale dal punto di vista delle procedure di sicurezza. Ad esempio i due incidenti, con conseguente stato di coma, uno ancora in atto, che ho visto io in palestra sono stati causati da errori classici nell’uso del grigri. Anche se gli incidenti riguardassero lo 0,1 dei frequentanti io penso che valga la pena non sottovalutare, prevenire con la formazione fatta da persone affidabili, piuttosto che soccorrere e vedere uno con le stampelle per mesi o in carrozzella per tutta la vita. Ma forse guardiano le cose in modo diverso. Poi ci possono essere aperture ma sui requisiti dei formatori/accompagnatori non penso si possa transigere. Poi certamente uno è arbitro del suo destino e ne gestisce le conseguenze eventualmente. 

128 incidenti è un numero che vuol dire nulla. 128 su quanti fruitori? Percentualmente quanto pesa sul totale? Incidenti di che natura? Probabilmente si tratta di caviglie slogate a seguito di cadute e questo può capitare anche al top climber. E qui andremmo a parlare di un altro punto: le chiodature. Inoltre questi fruitori erano tutti principianti o anche esperti? Le statistiche vanno sempre analizzate altrimenti non dicono nulla!

Carlo se non hai capito cosa facciamo di “istituzionale” come dici tu te lo spiego subito anche se mi sembra che se leggi con attenzione la lettera di risposta di Riccardo Innocenti dovrebbe essere tutto chiaro. Molto rapidamente. Dal 2017 vari sport di montagna sono stati inseriti nell’elenco di interesse CONI e questo ha dato la possibilità alle ACLI affiliate CONI di formare operatori sportivi che dopo un apposito corso di formazione fondato su protocolli approvati dal CONI stesso possono promuovere queste attività secondo le norme associative delle ACLI. Capisco lo stupore del CAI e delle Guide ma questa “terza via” e’ completamente legale ed anche adeguatamente seguita dal punto di vista formativo dato che i tecnici dopo la formazione seguono nel tempo anche aggiornamenti che li informano sulle eventuali novità dei vari settori(come peraltro in tutti gli altri sport olimpici o di interesse CONI). Nascono così questi tecnici che sono “operatori sportivi” (ancora più graditi al CONI se sono laureati in Scienze Motorie) che, come in altre attività che tu sicuramente conosci dato che le ACLI sono una realtà ben nota è strutturata e con le sue centinaia di migliaia di iscritti ottimamente organizzati, operano negli sport di montagna con corsi ed eventi promozionali. Si tratta insomma di una nuova possibilità e se vuoi conoscerla meglio ti invito fin d’ora ad assistere a un nostro corso di formazione tecnici o di promozione dell’attività verso gli associati. Per finire ti dico che non siamo in competizione ma semmai in sinergia e per imparare gli uni dagli altri con CAI e guide per promuovere un mondo, quello della montagna outdoor, che ci ha dato molto e spero che possa dare lo stesso a tanti altri. Insomma non siamo una “zona grigia” e non ci “auto autorizziamo” a “fare” ma siamo una realtà che pur in ambito associativo ha la stessa dignità e preparazione di altri settori che operano nel mondo della montagna.

ho scritto @42 ma va letto @35 (Massari)

@42 No, non vi conosco , se non te “di nome”., ma cmq non capisco bene cosa facciate di istituzionale (nel senso perché ci deve essere qualcuno che opera al di fuori dei canoni ufficiali che sono o GA o CAI). Ma il punto non è di natura fiscale. Non è possibile che ci siano dei soggetti (persone fisiche o associazioni) che si auto-autorizzano a insegnar ad andare in montagna e fra le pieghe lo facciano pure a pagamento. I filoni ufficiali sono solo due: o le guide (a pagamento) o le Scuole CAI (rigorosamente volontariato). Le GA prendono un brevetto e quindi vengono testate e periodicamente aggiornate. Gli istruttori CAI sono inseriti in un modello (che per certi versi è un gran carrozzone ministeriale) ma anche qui vengono testati e periodicamente aggiornati. In mezzo, nell’area grigia, ci può essere di tutto, nessuno è in grado di “controllare” l’attendibilità di ogni singolo soggetto: ci può essere l’istruttore autoreferenziato che (come te) “sa” di montagna e la insegna in modo corretto, e allora passi (ma si apre il discorso fiscale ecc), ma ci saranno infiniti casi di “improvvisati” che insegnano male. Come può l’ignaro “cliente” distinguere fra te (capace) e il tuo pseudo-collega “improvvisato”? Non può. Viceversa sia con le GA sia come le Scuole CAI c’è  sempre un “bollino” di sicurezza per l’utente finale. Questo è innegabile.

Teo. Alcune tue affermazioni sono imprecise. Gli ultimi dati disponibili del CNAS ci dicono che nel 2020 in falesia ci sono stati 128 incidenti. A questi andrebbero aggiunti gli incidenti nelle palestre indoor, nelle quali non interviene il CNAS ma il 118. Come evidenza aneddotica, nella palesta che frequento io ci sono stati nel corso degli ultimi di tre anni tre incidenti gravi. Ad uno ho assistito io stesso e nel caso dell’ultimo la vittima è tuttora in coma. Sicuramente non sono dati paragonabili agli incidenti che avvengono durante le attività alpinistiche (494) ma sono comunque significativi. Non sono inoltre d’accordo che bastino “quattro manovre in croce”. Non sono un professionista o un istruttore, ma ha un po’ di esperienza (a partire dagli anni ‘70) e sono un discreto osservatore. Arrampicare in falesia, tenendo conto che non sempre si tratta solo di monotiri, implica l’esecuzione corretta di alcune manovre come il fare sicurezza al compagno, scendere in corda doppia, calare il primo, piazzare eventuali protezioni intermedie, la moulinette…..che non sono così banali e se non eseguite correttamente possono comportare rischi non indifferenti. Non a caso anche coloro che rivendicano la possibilità di fare formazione o accompagnamento fuori dai canali tradizionali rivendicano la serietà e completezza del curriculum dei loro istruttori. Inoltre non va dimenticato che alcuni frequentatori delle falesie, dopo aver acquisito un po’ di competenze, provano il desiderio di ingaggiarsi su vie multitiro, magari non in ambiente alpino classico ma in quegli ambienti un po’ intermedi come può essere ad esempio la Grigna. Non sono in grado di quantificare, ma ne ho incontrati parecchi nel corso del tempo. E mi è pure capitato di vedere qualcuno (fortissimo nel gesto atletico) in difficoltà su itinerari super-classici per noi giurassici, come Torre/Fungo/Lancia ad esempio e i lombardi sanno cos’è psicologicamente e tecnicamente la doppia dal Fungo. Quindi, a prescindere dal tema della legittimità di aprire canali diversi di formazione/accompagnamento, ritengo necessario e saggio non sottovalutare il problema delle competenze relative alla sicurezza anche per chi arrampica in falesia e/o indoor. La vita e l’integrità fisica sono troppo importanti e non è il caso di giocarsele per uno stupido errore tecnico o procedurale.

LA SCUOLA ELEMENTARE E’ DIFFUSISSIMA, UN POCO MENO LA MEDIA E UN POCO MENO LA SUPERIORE, ANCORA MENO L’UNIVERSITA’ A seconda della presenza sul territorio di istruttori, un poco alla volta chi inizia si accontenta o si raffina o lascia perdere.Anche ad un semplice escursionista qualche dritta puo’servire.assieme a un poco di attreazzatura. Che se ne farebbe  un escursionista  prudente di uno spezzone di corda e qualche rinvio con moschettone, se non sa come destreggiarsi.

Per insegnare a scalare sicuri in falesia non ritengo si debba diventare guida alpina, parliamo di 4 manovre in croce. Anche i rischi in ambiente sono minimi, soprattutto nelle falesie più frequentate. Se così non fosse, stante il boom dell’arrampicata negli ultimi anni, avremmo un numero notevole di incidenti, considerando che molti fruitori sono addirittura autodidatti. Invece, per fortuna, gli incidenti sono pressoché nulli. Mediamente vedo gente che assicura bene, anzi, spesso sono i più esperti (anche guide, istruttori, etc.) tra i più distratti, che fumano, chiacchierano o guardano il cellulare mentre assicurano (eccesso di confidenza). L arrampicata non è alpinismo, l arrampicata è uno sport ed è quindi giusto che non sia appannaggio di una ristretta casta che tenta con arroganza di sbaragliare la concorrenza. Inoltre, molto spesso,  questi istruttori hanno molta più “tenenza” o capacità di insegnamento (magari perche sono anche laureati isef) di tanti professionisti della montagna, che praticando più attività non riescono a concentrarsi su un’unica disciplina. Giovanni Massari è un esempio, e sarebbe un peccato che uno come lui non potesse insegnare l arte della scalata, mentre paradossalmente una guida di 90 kg potrebbe farlo!

Non conosco quale sia, in termini qualitativi e quantitativi l’offerta formativa USACLI. So invece con sufficiente competenza quale sia quella CAI. Purtroppo la domanda formativa è sempre molto superiore all’offerta poiché il numero di persone che decidono di fare l’istruttore è sempre minore. Lo è perché diventare istruttori CAI è impegnativo ed è difficile mantenere il titolo. L’impegno negli ultimi vent’anni è costantemente aumentato per adeguare i canoni di sicurezza, competenza e responsabilità. E’ estremamente impegnativo e costoso organizzare corsi,  aggiornare protocolli, dispense, materiale didattico etc tutto a costo praticamente zero per l’utente. Tutto questo non si costruisce da un giorno all’altro ma la formazione si fa così.  Tutta questa organizzazione nulla c’entra con l’accompagnamento in montagna che è tutt’altra cosa. Mi sono sempre chiesto con quale logica, lo Stato finanzi il servizio di Soccorso Alpino che interviene a incidente avvenuto e non spenda mezzo, diconsi mezzo euro finanziando le scuole CAI che forniscono alla comunità alpinistica un qualificato  e economico strumento per la prevenzione degli incidenti nella pur evidente consapevolezza che l’attività alpinistica è e sarà sempre rischiosa.

Carlo, con tutta la simpatia, ma cosa ne sai se noi siamo meglio o peggio del CAI? Ci conosci? Hai mai visto i nostri protocolli per i corsi base ed avanzati?(e già stiamo preparando quello per il terzo livello…) Personalmente in oltre 42 anni di arrampicata ho fatto l’istruttore al CAI ai corsi roccia di fianco alle guide, ho arrampicato con guide ed istruttori nazionali CAI, ho superato una selezione per le guide per un corso da Maestro di Arrampicata (figura purtroppo mai nata), non ultimo ho fatto da istruttore con altri e con Marco Bernardi come direttore al primo corso in Italia di Arrampicata Sportiva proprio nella tua Torino e ora sono approdato felicemente all’Usacli dove ho trovato finalmente (parere personale) l’ambiente ideale per esprimermi. Lungi da me dal fare paragoni con altre realtà ma ti assicuro che l’ultima cosa che manca all’Usacli è la selezione: gli allievi sono formati sulla base di protocolli standard verificabili (basta andare sul sito di Usacli montagna) ed escono con tutte le competenze necessarie per promuovere ai soci l’arrampicata sportiva, idem per lo ski alp e il successo che abbiamo avuto in poco più di 6 mesi di attività parla da solo. Sulla capacità di attrarre giovani della nostra neonata ASD Usacli Arrampigranda ti rimando al mio articolo su questo stesso blog. Un saluto  Ps. Io al CAI ci ho sempre creduto ma per me l’Usacli è una realtà più stimolante(sempre parere personale).

@30 da istruttore titolato, con esperienza 40ennale, la mia risposta è univoca: scuole CAI, solo scuola CAI. Pochi posti? Raddoppiare, triplicare i corsi, uno dietro l’altro a nastro, specie quelli base (sicurezze per arrampicata oppure nivo-valangologia per scialp e ciaspole). Gli istruttori sono “codificati” dal sistema. Praticamente impossibile che esistano istruttori (anche sezionali) che insegnano cose sbagliate. Lo stesso vale per guide, con differenza che per loro e’ lavoro d quindi costano di più. Sul mare magnum in zona grigia, cioè né guide né scuole CAI, invece non sappiamo con totale certezza coss si faccia. Più che un problema di eventuale evasione fiscale, mi preoccuperei di questo specifico risvolto. Per combinazione è anche la risposta al quesito di qualche gg fa su come il CAI possa attirare di nuovo i giovani: dando idea che attraverso scuole CAI si possa recepire l’impostazione corretta e la formazione adeguata. Oltre a trovare compagni di cordata e, perché no?, magari anche l’anima gemella…

30) la teoria serve , specie se poi si cerca di attuare in pratica le pillole di addestramento, una per volta finche’ vengono spontanee.Una sana lettura non e’ pratica , ma aiuta.  Ci sono i manuali del  Cai , altri manuali metodo Caruso, filmatini.Addirittura se c’e’campo , uno li vede sullo smartphone poi subito dopo applica sul terreno , su un  pendio ghiacciato…Un mezzo barcaiolo uno se lo puo’imparare anche a casa…come altre astuzie di normale cabotaggio. Se poi non si e’ completamente a digiuno , una supervisione di guida serve per approfondire e farsi correggere o approvare.

“Rimugino al baretto della palestra […] su quanto sono decaduto in questi due anni di Covid.” Benvenuto nel club!  ??? … … … Sic transit gloria mundi.  ???  

Non so se alpinisticamente o calcisticamente ma pare un temporaneo pareggio tra avvocati in  sintonia con accademici…ma della crusca per trovare vocaboli e sinonimi appropriati  e ricercati per portare a casa propria il risultato di vittoria . Un botta e risposta lontano dalla  soluzione e uscita dala baranciada labirintica…tristezza.  

Episodio fresco fresco.  Ieri. Dialogo tra un vecchio e mediocre alpinista che nel giurassico frequento’ la scuola Parravicini e due giovani climber. Dopo un lungo periodo ritorno a Milano e faccio un salto nella palestra che frequentavo pre-covid. Una delle più grandi e moderne d’Italia. Non avendo compagno, mi attacco all’autobelay e con umiltà riprendo la routine. Più salgo di grado e più mi devo riposare. Faccio proprio schifo. Nella parete di fronte due ragazzi salgano veloci sul 6c facendosi sicurezza con il gri-gri. Li odio e li invidio. Poi vedo che fanno un sacco di errori pericolosi. Qualche mese fa mi hanno detto i vecchi amichetti che c’è stato in palestra un gravissimo incidente e due anni fa avevo io stesso soccorso un giovane papà che era caduto a terra a causa della distrazione del compagno. Mi avvicino e sfoderando il mio sorriso migliore gli faccio notare gli errori. Sono rispettosi e carini. Chiaccheriamo. Vivono in Brianza. Dove avete imparato a fare sicurezza chiedo. Con un tutorial in rete. Impallidisco.Avete mai fatto qualche via multitiro? Si, in Svizzera. Parliamo di soste, di sicurezza e di mezzo barcaiolo. Cos’è il mezzo barcaiolo, mi chiede il leader dei due. Ma se perdi il grigri cosa fai? Chiamo il soccorso. Ma non avete mai pensato di fare un corso del Cai o di qualcun’altro e cito scuole brianzole che conosco? Si, ma i posti erano esauriti. Perché non prendervi una guida e farvi insegnare da lui/lei? Francamente non ci abbiamo pensato e poi sicuramente costa un sacco di soldi. Il vecchio alpinista, amico di guide e strenuo difensore delle competenze che si acquisiscono solo con una seria formazione, si domanda: ma a questi chi ci pensa? Poco non è comunque meglio di niente? Non sarebbe forse utile allargare le maglie, pur con qualche accortezza, vista la domanda crescente? Rimurgino al baretto della palestra su queste domande e su quanto sono decaduto in questi due anni di Covid. La birretta come sempre aiuta. Decido di raccontarlo sul blog.Magari qualcuno si è posto le stesse domande e magari ha pensato anche a qualche risposta.

Tutto giusto. Mi entusiasma la conclusione: l’ambito delle Guide Alpine è quello turistico, l’ambito delle associazioni sportive affiliate al CONI è quello sportivo. Non ci avevo pensato che in effetti le GA sono guide per turisti della montagna. E poi “… la vostra pretesa di svolgere in esclusiva alcune attività è del tutto infondata.” Questa mi esalta! 

Vi è sicuramente una notevole disparità fiscale. 10.000 euro annui esentasse non sono un’inezia a fronte della stessa attività e questa disparità costituisce veramente un vantaggio competitivo non indifferente che contribuisce a rendere “impari” la concorrenza con una GA che per organizzare la stessa attività le tasse deve pagarle e quindi aumentarne il prezzo per i clienti. Per non parlare degli Istruttori CAI che soldi non possono prenderne. C’è poi il problema della responsabilità in caso d’incidente dove sarà più difficile, per un “esperto/istruttore” dimostrare una competenza, esperienza e aggiornamento costante. Ben differente dai percorsi di GA o Istruttore CAI che richiedono anni e corsi di aggiornamento periodici e certificati. Resta poi il problema delle responsabilità contrattuale ed extracontrattuale già discussa in altri blog. E’ opportuno ricordare che in caso d’incidente (penale) la perizia viene redatta da un vero esperto; quella, e sicuramente prima o poi succederà, sarà la sede dove si deciderà 

Barbolini. Scherzavo ovviamente. Tu non c’entri. Era solo uno scherzuccio di dozzina per dire che a volte i dettagli fanno la differenza e la formazione specifica conta perché li fa apprezzare. Ciao e scusa la strumentalizzazione. 

Marcello 10   se paghi in nero lascia perde l’IBAN.

La mia non voleva essere una sequenza temporale, era solo uno sparuto elenco di filosofi del recente passato. 

Potremmo dire a Cominetti, contando sulla sua ironia, non hai voluto fare la punturina e ora ti becchi gli istruttori dell’associazione sportiva dilettante “Supposte arrampicanti” che invadano le falesie al grido “No Guide” “Basta con la dittatura alpinistica”.  “ Uno vale Uno”.  Ps.,Barbolini la sequenza temporale dei filosofi tedeschi e’ sbagliata.,uno storico del pensiero che ha superato il corso guide, sobbalzerebbe sulla sedia? pensa se uno in sosta facesse un errore analogo nella sequenza cosa direbbe una guida ? 

Caro Carlo, qui di filosofi (o quasi) c’è solo Alberto (Benassi), che tu – lo ricordo bene – dileggiasti senza pietà. Confessa la tua colpa e cospargiti il capo di cenere.   Cosí, dopo tre giorni di penitenza in ginocchio sui ceci, verrai ammesso in casa Benassi, però entrando per la porta di servizio. L’ingresso principale in villa con megaparco e piscina è riservato a me e pochi altri. Perché, se Benassi è un filosofo, non fa certo parte degli stoici ma degli epicurei. ???

Eh Marcello, se hai sentito che domani pioverà, saprai anche che piove sempre sul bagnato …?‍♂️Quello del cioccolataio è un mestiere onorevolissimo, il Maestro Knam ne è un grande esempio. Per cui si può sempre scegliere di cambiare mestiere senza che nessuno ne abbia a soffrire 

Vedo che siete diventati tutti filosofi, altro che Fichte, Schelling, Hegel e Kant, tanto per non andare troppo indietro nel tempo. Roba di categoria!

Bertoncelli. Libertà individuali da un lato, tutele e obblighi sociali dall’altro. Scilla e Cariddi……due anime mi straziano il petto disse il poeta. È sempre lì la questione, trovare la quadra come dicono a Bologna. E le diverse opzioni/personalità si collocano su una scala, che può anche variare, a seconda dei temi. Come vediamo ogni giorno. 

“Un valore [le libertà personali] che va forte anche su questo blog.”   E giacché nel blog scrivono alpinisti e ex alpinisti, ciò depone a favore dei sentimenti libertari ispirati dal salire sui monti.   Milarepa: “Andar per montagne selvagge è una via alla liberazione”. Forse.  

Non è il mio campo, ma vedendo quello che è accaduto in altri settori penso che, con l’aiuto di buoni avvocati ovviamente, la maggior parte delle cause su questo tema siano destinate a finire nel nulla. Proprio grazie alla distinzione di cui sopra. Alla quale si potrebbe aggiungere una spruzzata di rivendicazione delle libertà personali rispetto a obblighi e costrizioni sociali troppo rigide. Un valore che va forte anche su questo blog. Potremmo dire, con una blanda ironia: chi di spada ferisce….. A meno che succeda un patatrac. Allora sono cavoli amari per tutti, a prescindere da patacche, mutande di ghisa, cappellucci e pennacchi. A meno di mettere sul tavolo un sacco di soldi per i risarcimenti. 

si caro Matteo, siamo proprio una massa d’imbecilli. Oltre tutto si rischia anche la galera per la gloria del CAI che poi magari ti va anche nel fiocco.

Sante parole quelle di Lodovico.  Non so chi conosce Peter Luthy ma è stato un alpinista visionario degli anni ’80 e ’90. Inoltre è un musicista di talento, filosofo raffinatissimo, inventore e persona davvero capace e originale. Lo cito perché viene da una famiglia di noti cioccolatai svizzeri, oltre a essermi molto simpatico. Ho sentito dire che domani pioverà.

Commovente questo passaggio: “percepire fino a 10.000 euro annui nel regime fiscale più favorevole previsto per lo sport dilettantistico”. Stupidi noi che lo facciamo gratis per il CAI e pure chi si è fatto il mazzo per diventare Guida Alpina.

“Un uomo intelligente a volte è costretto ad ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti.”  Per chi suona la campana E. Hemingway  Hanno suonato la loro tromba, ma qualcuno ha fatto suonare la sua campana… parafrasando Pier Capponi. Certe elucubrazioni su reati presunti devono lasciare il tempo che si prendono. E non è di certo un presidente di collegio a definire i reati e gli illeciti. Per fortuna esiste ancora un’Autorità Giudiziaria che prima di tutto valuta responsabilità e esistenza oggettiva del reato. Altrimenti è solo aria fritta per mere azioni temerarie che portano al nulla cosmico. Comprese le figure da cioccolataio che poi ne conseguono

Premetto che non ho interessi personali in merito. Trovo davvero brillante la distinzione tra “attività turistica” e “attività sportiva all’interno di un’associazione” con la conseguente differenziazione in sede di compenso tra le relative “prestazioni”. È una strada percorsa anche in altri ambiti con un certo successo. Ad esempio in campo psicologico è stata di fatto introdotta una distinzione tra attività clinica,riservata agli iscritti all’Albo, e attività di “sviluppo della consapevolezza” “coaching” etc esercitata nell’ambito di enti autonomi con loro processi interni di qualificazione, con l’accortezza che anche il beneficiario sia iscritto all’associazione. Non c’è dubbio che le capacità creative e flessibili di risoluzione dei problemi (oltre a quelle di spettacolo, in particolare riferite alle sceneggiate a sfondo melodrammatico) siano una nostra competenza distintiva nazionale, che il mondo ci invidia. Certo ci sono poi dei lati negativi in chiave di disciplina sociale, ma signora mia non si può avere tutto. Se Uber avesse scelto questa strada, distinguendo tra “trasporto turistico” e “condivisione esperienziale del trasporto” tra soci dell’associazione “Amici dell’auto “ , avrebbe forse superato la fiera opposizione dei taxisti con licenza, pagata a caro prezzo.  Chissà? 

La questione non è così semplice, per fare un parallelo anche nello sci , sport olimpico, hai i club ma non puoi mandare i soci a sciare con uno che non sia maestro di sci iscritto all’albo. 

In depressione ci sono nato, niente paura. Comunque grazie per le premure. Le mie notti passate in compagnia della 6/89 mi tengono sveglio abbastanza da guardarmi dalla teatralità da bar sport. Quali meravigliose associazioni si profilano agli orizzonti limpidi dell’onestà e del coraggio di lavarsi i denti la mattina dopo essersi visti nello specchio..Coraggio, ci vuole tanto coraggio e io non ce l’ho.  Invidio chi ne ha da vendere. A proposito, ne comprerei, in nero ovviamente,  pago bene e in anticipo. Mandatemi un iban, grazie, grazie, grazie.

Vi prego, non infierite altrimenti  ci va in depressione

Aspettavo con trepidazione il Cominetti, da spanciarsi dalle risate. Non ha solo ancora citato la 6/89, ma diamogli tempo!

Come auto denunciarsi utilizzando un modello prestampato.  Si è rivoluzionato il Terzo Principio della Dinamica. Alla Botta c’è Risposta solo per inerzia burocratica. Ma la forza di gravità non molla, accidenti.

Che botta sui denti. Ben fatto.

Il miglior sistema per fare andare via le mosche dalla cucina è quello di cagare in salotto.

Condivido pienamente l’ottima risposta ad una diffida arrogante!

Una bella risposta all’arroganza …bravi 

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